Avvocato penalista - Il giudice di appello e il divieto di reformatio in peius della pena.
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"" Reformatio in peius, appello, calcolo della pena, divieto
Reformatio in peius, appello, calcolo della pena, divieto
Suprema Corte di Cassazione Quinta Sezione Penale
Sentenza 5 dicembre 2013 – 24 marzo 2014, n. 13833
Presidente Ferrua – Relatore Oldi
La quinta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza che si riporta di seguito, ha trattato il caso del divieto di reformatio in peius nel giudizio d’appello precisando che il principio deve valere non solo relativamente al risultato finale ma si estende anche a tutti gli altri elementi riguardanti il calcolo della pena.
Nel caso di specie, la ricorrente deduceva la violazione dell’art. 597 cod. proc. pen. per essersi tenuta ferma l’entità della pena, malgrado la disposta applicazione delle attenuanti generiche.
La Cassazione ha ritenuto fondato il suddetto motivo di ricorso affermando che “con la sentenza di primo grado il Tribunale di Lecce, riconosciuta la configurabilità del contestato reato ex artt. 477 e 482 cod. pen., aveva condannato l’imputata alla pena di mesi quattro di reclusione, corrispondente al minimo edittale.
La Corte d’Appello, riqualificando il fatto nell’area del reato, più gravemente punito, di cui all’art. 485 cod. pen., mai avrebbe potuto aumentare la pena, in difetto di impugnazione del pubblico ministero: sicché, avendo deciso di riconoscere all’imputata l’applicazione delle attenuanti generiche, aveva l’obbligo di far luogo alla corrispondente riduzione di pena in ottemperanza al disposto dell’art. 597, comma 4, cod. proc. pen.“
Dunque, continuano i giudici di Piazza Cavour, “l’aver tenuto fermo il trattamento sanzionatolo, pur in presenza delle attenuanti generiche, presuppone l’aumento della pena base da quattro mesi a sei mesi di reclusione: il che si traduce in una manifesta violazione di legge. In proposito va ricordato il principio, già ripetutamente affermato da questa Corte Suprema, secondo cui il divieto della reformatio in peius nel giudizio di appello riguarda non soltanto il risultato finale, ma anche tutti gli elementi del calcolo della pena: sicché, in caso di accoglimento dell’appello dell’imputato in ordine alle circostanze o al concorso di reati, discende non solo l’obbligatoria diminuzione della pena complessiva, ma anche l’impossibilità di elevare la pena comminata per singoli elementi (così Sez. 5, n. 14991 del 12/01/2012, Strisciuglio, Rv. 252326; v. anche Sez. 2, n. 45973 del 18/10/2013, A., Rv. 257522)“.
Pertanto, conclude la Corte, “è possibile emendare il vizio in questa sede in quanto non sono richiesti a tal fine ulteriori accertamenti o valutazioni incompatibili con la cognizione di legittimità, essendo sufficiente ricondurre la pena base all’entità sortita dal giudizio di primo grado. Pertanto, annullata in parte qua senza rinvio la sentenza impugnata, si ridetermina la pena in mesi due e giorni venti di reclusione, quale risultato della riduzione di un terzo della pena base di quattro mesi di reclusione“.
Articolo 597 Codice di Procedura Penale Cognizione del giudice di appello
1. L’appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti.
2. Quando appellante è il pubblico ministero:
a) se l’appello riguarda una sentenza di condanna [533], il giudice può, entro i limiti della competenza del giudice di primo grado, dare al fatto una definizione giuridica più grave, mutare la specie o aumentare la quantità della pena, revocare benefici, applicare, quando occorre, misure di sicurezza e adottare ogni altro provvedimento imposto o consentito dalla legge;
b) se l’appello riguarda una sentenza di proscioglimento [529-532], il giudice può pronunciare condanna ed emettere i provvedimenti indicati nella lettera a) ovvero prosciogliere per una causa diversa da quella enunciata nella sentenza appellata;
c) se conferma la sentenza di primo grado, il giudice può applicare, modificare o escludere, nei casi determinati dalla legge, le pene accessorie e le misure di sicurezza.
3. Quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l’imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata né revocare benefici, salva la facoltà, entro i limiti indicati nel comma 1, di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado.
4. In ogni caso, se è accolto l’appello dell’imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati per la continuazione, la pena complessiva irrogata è corrispondentemente diminuita.
5. Con la sentenza possono essere applicate anche di ufficio la sospensione condizionale della pena[c.p. 163], la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale [c.p. 175] e una o più circostanze attenuanti [c.p. 62, 62bis]; può essere altresì effettuato, quando occorre, il giudizio di comparazione a norma dell’articolo 69 del codice penale. ""
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
http://www.sentenze-cassazione.com/reformatio-peius-appello-calcolo-della-pena-divieto/
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"" Reformatio in peius, appello, calcolo della pena, divieto
Reformatio in peius, appello, calcolo della pena, divieto
Suprema Corte di Cassazione Quinta Sezione Penale
Sentenza 5 dicembre 2013 – 24 marzo 2014, n. 13833
Presidente Ferrua – Relatore Oldi
La quinta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza che si riporta di seguito, ha trattato il caso del divieto di reformatio in peius nel giudizio d’appello precisando che il principio deve valere non solo relativamente al risultato finale ma si estende anche a tutti gli altri elementi riguardanti il calcolo della pena.
Nel caso di specie, la ricorrente deduceva la violazione dell’art. 597 cod. proc. pen. per essersi tenuta ferma l’entità della pena, malgrado la disposta applicazione delle attenuanti generiche.
La Cassazione ha ritenuto fondato il suddetto motivo di ricorso affermando che “con la sentenza di primo grado il Tribunale di Lecce, riconosciuta la configurabilità del contestato reato ex artt. 477 e 482 cod. pen., aveva condannato l’imputata alla pena di mesi quattro di reclusione, corrispondente al minimo edittale.
La Corte d’Appello, riqualificando il fatto nell’area del reato, più gravemente punito, di cui all’art. 485 cod. pen., mai avrebbe potuto aumentare la pena, in difetto di impugnazione del pubblico ministero: sicché, avendo deciso di riconoscere all’imputata l’applicazione delle attenuanti generiche, aveva l’obbligo di far luogo alla corrispondente riduzione di pena in ottemperanza al disposto dell’art. 597, comma 4, cod. proc. pen.“
Dunque, continuano i giudici di Piazza Cavour, “l’aver tenuto fermo il trattamento sanzionatolo, pur in presenza delle attenuanti generiche, presuppone l’aumento della pena base da quattro mesi a sei mesi di reclusione: il che si traduce in una manifesta violazione di legge. In proposito va ricordato il principio, già ripetutamente affermato da questa Corte Suprema, secondo cui il divieto della reformatio in peius nel giudizio di appello riguarda non soltanto il risultato finale, ma anche tutti gli elementi del calcolo della pena: sicché, in caso di accoglimento dell’appello dell’imputato in ordine alle circostanze o al concorso di reati, discende non solo l’obbligatoria diminuzione della pena complessiva, ma anche l’impossibilità di elevare la pena comminata per singoli elementi (così Sez. 5, n. 14991 del 12/01/2012, Strisciuglio, Rv. 252326; v. anche Sez. 2, n. 45973 del 18/10/2013, A., Rv. 257522)“.
Pertanto, conclude la Corte, “è possibile emendare il vizio in questa sede in quanto non sono richiesti a tal fine ulteriori accertamenti o valutazioni incompatibili con la cognizione di legittimità, essendo sufficiente ricondurre la pena base all’entità sortita dal giudizio di primo grado. Pertanto, annullata in parte qua senza rinvio la sentenza impugnata, si ridetermina la pena in mesi due e giorni venti di reclusione, quale risultato della riduzione di un terzo della pena base di quattro mesi di reclusione“.
Articolo 597 Codice di Procedura Penale Cognizione del giudice di appello
1. L’appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti.
2. Quando appellante è il pubblico ministero:
a) se l’appello riguarda una sentenza di condanna [533], il giudice può, entro i limiti della competenza del giudice di primo grado, dare al fatto una definizione giuridica più grave, mutare la specie o aumentare la quantità della pena, revocare benefici, applicare, quando occorre, misure di sicurezza e adottare ogni altro provvedimento imposto o consentito dalla legge;
b) se l’appello riguarda una sentenza di proscioglimento [529-532], il giudice può pronunciare condanna ed emettere i provvedimenti indicati nella lettera a) ovvero prosciogliere per una causa diversa da quella enunciata nella sentenza appellata;
c) se conferma la sentenza di primo grado, il giudice può applicare, modificare o escludere, nei casi determinati dalla legge, le pene accessorie e le misure di sicurezza.
3. Quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l’imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata né revocare benefici, salva la facoltà, entro i limiti indicati nel comma 1, di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado.
4. In ogni caso, se è accolto l’appello dell’imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati per la continuazione, la pena complessiva irrogata è corrispondentemente diminuita.
5. Con la sentenza possono essere applicate anche di ufficio la sospensione condizionale della pena[c.p. 163], la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale [c.p. 175] e una o più circostanze attenuanti [c.p. 62, 62bis]; può essere altresì effettuato, quando occorre, il giudizio di comparazione a norma dell’articolo 69 del codice penale. ""
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
http://www.sentenze-cassazione.com/reformatio-peius-appello-calcolo-della-pena-divieto/
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