Avvocato penalista - Non è reato fare pipì sul portone di un’abitazione, ci insegna la Cassazione, in quanto questa azione non integra né il reato di cui all’Articolo 726 del Codice Penale (Atti contrari alla pubblica decenza), né il reato di cui all'Articolo 527 del Codice Penale (Atti osceni).
____________________________________
A nessuno è passato per la mente che - per esempio e, previa seria verifica dell'elemento teleologico in capo al soggetto agente - potrebbe trattarsi, tra gli altri, del reato di cui all'Articolo 639 del Codice Penale, intitolato al Deturpamento e imbrattamento di cose altrui, il quale prevede e stabilisce che:
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a centotre euro.
Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro. Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro.
Nei casi di recidiva per le ipotesi di cui al secondo comma si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a 10.000 euro.
Nei casi previsti dal secondo comma si procede d'ufficio.
E non si può certo negare che il dare sfogo ai propri e vili bisogni corporali a danno delle abitazioni altrui non sia da considerare un Deturpamento o un imbrattamento delle cose altrui...
"" Non è reato far pipì sul portone di un’abitazione
Non è reato far pipì sul portone di un’abitazione
Corte di Cassazione III Sezione Penale
Sentenza 27 maggio – 17 novembre 2014, n. 47244
Presidente Teresi – Relatore Gentili
Con la sentenza che si riporta, la Cassazione ha esaminato il caso di una persona che si è trovata ad essere imputata in un processo penale per il reato di cui all’art. 726 cod. pen., per avere compiuto atti contrari alla pubblica decenza, consistenti nell’avere orinato vicino all’ingresso di una abitazione sita in Bergamo.
Il caso giunge fino alla Suprema Corte dove i giudici hanno ricordato che, per costante giurisprudenza, “sono atti contrari alla pubblica decenza tutti quelli che in spregio ai criteri di convivenza e di decoro che debbono essere osservati nei rapporti tra i consociati, provocano in questi ultimi disgusto o disapprovazione come l’urinare in luogo pubblico.
Né la norma dell’art. 726 cod. pen., esige che l’atto abbia effettivamente offeso in qualcuno la pubblica decenza e neppure che sia stato percepito da alcuno, quando si sia verificata la condizione di luogo, cioè la possibilità che qualcuno potesse percepire l’atto” (cfr. ex multis: Corte di cassazione, Sezione V penale, 28 aprile 1986, n. 3254; idem Sezione III penale, 25 ottobre 2005 n. 45284; più di recente: idem Sezione III penale, 25 marzo 2010 n. 15678; nonché, da ultimo: idem Sezione III penale, 16 settembre 2013, n. 37823).
Il reato in questione poi si differenzia da quello di cui all’art. 527 cod. pen., in quanto la distinzione tra gli atti osceni e gli atti contrari alla pubblica decenza va individuata nel fatto che i primi offendono, in modo intenso e grave il pudore sessuale, suscitando nell’osservatore sensazioni di disgusto oppure rappresentazioni o desideri erotici, mentre i secondi ledono in via esclusiva il normale sentimento di costumatezza, generando fastidio e riprovazione (Corte di cassazione, Sezione III penale, 14 marzo 1985, n. 2447).
Ciò posto osserva il Collegio che, secondo quanto risulta dal tenore della impugnazione proposta dal PG, questi si duole dei fatto che il Giudice di pace, dopo avere affermato che, alla luce delle risultanze istruttorie e della documentazione acquisita, era emerso che, tenuto conto delle modalità dell’accadimento, il fatto non costituiva reato, abbia poi provveduto ad assolvere l’imputato per non aver commesso il fatto.
Invero, rileva la Corte, al netto di una certa imprecisione terminologica di cui è sicuramente vittima l’estensore della sentenza impugnata, è ben chiaro che l’apparente antinomia fra motivazione e dispositivo della sentenza è risolvibile ritenendo che la formula utilizzata nel dispositivo (peraltro non riportata fedelmente nel suo ricorso neppure dal Pg), secondo la quale l’imputato deve essere mandato assolto dal reato di cui all’art. 726 cod. pen. “perché non lo ha commesso”, va intesa non, certamente, nel senso che il reato è stato commesso da altri, ma nel senso che la condotta dell’imputato non integra gli estremi del reato, cioè, essa non costituisce reato, così come riportato in sentenza.
D’altra parte il riferimento alle modalità dell’accadimento presente nella sentenza offre più di un elemento per ritenere che il Giudice di pace di Bergamo abbia ritenuto carente dell’elemento soggettivo, anche con riferimento al profilo della sola colpa, la condotta (l’accadimento) pur realizzata dall’imputato“. ""
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
http://www.sentenze-cassazione.com/non-reato-far-pipi-portone-unabitazione/
____________________________________
____________________________________
A nessuno è passato per la mente che - per esempio e, previa seria verifica dell'elemento teleologico in capo al soggetto agente - potrebbe trattarsi, tra gli altri, del reato di cui all'Articolo 639 del Codice Penale, intitolato al Deturpamento e imbrattamento di cose altrui, il quale prevede e stabilisce che:
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili o immobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a centotre euro.
Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro. Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro.
Nei casi di recidiva per le ipotesi di cui al secondo comma si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a 10.000 euro.
Nei casi previsti dal secondo comma si procede d'ufficio.
E non si può certo negare che il dare sfogo ai propri e vili bisogni corporali a danno delle abitazioni altrui non sia da considerare un Deturpamento o un imbrattamento delle cose altrui...
"" Non è reato far pipì sul portone di un’abitazione
Non è reato far pipì sul portone di un’abitazione
Corte di Cassazione III Sezione Penale
Sentenza 27 maggio – 17 novembre 2014, n. 47244
Presidente Teresi – Relatore Gentili
Con la sentenza che si riporta, la Cassazione ha esaminato il caso di una persona che si è trovata ad essere imputata in un processo penale per il reato di cui all’art. 726 cod. pen., per avere compiuto atti contrari alla pubblica decenza, consistenti nell’avere orinato vicino all’ingresso di una abitazione sita in Bergamo.
Il caso giunge fino alla Suprema Corte dove i giudici hanno ricordato che, per costante giurisprudenza, “sono atti contrari alla pubblica decenza tutti quelli che in spregio ai criteri di convivenza e di decoro che debbono essere osservati nei rapporti tra i consociati, provocano in questi ultimi disgusto o disapprovazione come l’urinare in luogo pubblico.
Né la norma dell’art. 726 cod. pen., esige che l’atto abbia effettivamente offeso in qualcuno la pubblica decenza e neppure che sia stato percepito da alcuno, quando si sia verificata la condizione di luogo, cioè la possibilità che qualcuno potesse percepire l’atto” (cfr. ex multis: Corte di cassazione, Sezione V penale, 28 aprile 1986, n. 3254; idem Sezione III penale, 25 ottobre 2005 n. 45284; più di recente: idem Sezione III penale, 25 marzo 2010 n. 15678; nonché, da ultimo: idem Sezione III penale, 16 settembre 2013, n. 37823).
Il reato in questione poi si differenzia da quello di cui all’art. 527 cod. pen., in quanto la distinzione tra gli atti osceni e gli atti contrari alla pubblica decenza va individuata nel fatto che i primi offendono, in modo intenso e grave il pudore sessuale, suscitando nell’osservatore sensazioni di disgusto oppure rappresentazioni o desideri erotici, mentre i secondi ledono in via esclusiva il normale sentimento di costumatezza, generando fastidio e riprovazione (Corte di cassazione, Sezione III penale, 14 marzo 1985, n. 2447).
Ciò posto osserva il Collegio che, secondo quanto risulta dal tenore della impugnazione proposta dal PG, questi si duole dei fatto che il Giudice di pace, dopo avere affermato che, alla luce delle risultanze istruttorie e della documentazione acquisita, era emerso che, tenuto conto delle modalità dell’accadimento, il fatto non costituiva reato, abbia poi provveduto ad assolvere l’imputato per non aver commesso il fatto.
Invero, rileva la Corte, al netto di una certa imprecisione terminologica di cui è sicuramente vittima l’estensore della sentenza impugnata, è ben chiaro che l’apparente antinomia fra motivazione e dispositivo della sentenza è risolvibile ritenendo che la formula utilizzata nel dispositivo (peraltro non riportata fedelmente nel suo ricorso neppure dal Pg), secondo la quale l’imputato deve essere mandato assolto dal reato di cui all’art. 726 cod. pen. “perché non lo ha commesso”, va intesa non, certamente, nel senso che il reato è stato commesso da altri, ma nel senso che la condotta dell’imputato non integra gli estremi del reato, cioè, essa non costituisce reato, così come riportato in sentenza.
D’altra parte il riferimento alle modalità dell’accadimento presente nella sentenza offre più di un elemento per ritenere che il Giudice di pace di Bergamo abbia ritenuto carente dell’elemento soggettivo, anche con riferimento al profilo della sola colpa, la condotta (l’accadimento) pur realizzata dall’imputato“. ""
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
http://www.sentenze-cassazione.com/non-reato-far-pipi-portone-unabitazione/
____________________________________
Nessun commento:
Posta un commento
________________ AVVERTENZE ________________
Sono ammessi e graditi solo i Commenti che abbiano attinenza coi temi qui trattati e che si connotino per la loro formulazione chiara, civile, educata e rispettosa.
Non sono ammessi, poichè sgraditi, i Commenti che non abbiano i requisiti di cui sopra o che protendano ad offendere, diffamare, calunniare o comunque ad arrecare
in qualunque altro modo danno agli altri, siano essi persone fisiche, giuridiche, enti od istituzioni.
Nei casi più gravi, il moderatore o la proprietà del
sito, come di dovere, segnaleranno alle competenti Autorità, anche giudiziarie, i fatti ed i responsabili.
______________________________________________