Avvocato penalista - Integra il reato di Tentata violenza privata cercare di costringere una lavoratrice in maternità ad accettare le condizioni pessime e ingiuste pretese o imposte dal datore di lavoro.
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"" Tentata violenza privata costringere una neo-mamma a dimettersi.
Cassazione sentenza 21 settembre 2012 n. 36332.
La Suprema Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema della violenza privata trattando il caso di una lavoratrice da poco diventata mamma.
La sentenza emessa dalla Corte è stata la conferma di quanto era già stato deciso nel 2009 dal Tribunale di Catania e poi, dalla Corte d’Appello nel febbraio del 2011.
In tutti e tre gradi di giudizio i giudici (cassazione sentenza 21 settembre 2012 n. 36332) hanno riconosciuto la responsabilità in capo ad un incaricato di una società per il reato di tentata violenza privata ai danni di una lavoratrice neo mamma di cui sopra.
I fatti di causa ricostruiti hanno evidenziato che i titolari di una società volevano chiudere l’attività per riaprire con una nuova veste societaria, mantenendo però lo stesso complesso aziendale e gli stessi dipendenti, che sarebbero stati licenziati dalla prima società e poi riassunti dalla nuova.
A questo punto l’unico problema per i datori di lavoro è quello di gestire la situazione lavorativa di una donna che in quel periodo (ottobre 2003) non poteva essere licenziata in quanto in astensione obbligatoria per maternità precisamente ancora nel periodo di puerperio, ovvero nelle prime 6/8 settimane dopo il parto.
La donna viene convocata dalla società in un locale degradato e abbandonato e in quel posto i titolari cercano di imporre le loro condizioni, e più nello specifico, venivano prospettate alla lavoratrice due possibilità:
dimettersi oppure, contro la sua volontà, le sarebbe stato assegnato il periodo di astensione facoltativa per maternità (retribuito solo al 30% dello stipendio).
Alla stessa i titolari della Società preannunciavano che se non accettava le citate condizioni al suo rientro sarebbe stata costretta a lavorare in condizioni invivibili, in quel medesimo locale fatiscente, senza alcun compito o mansione.
Tutto si è concluso bene.
La donna è rimasta tranquillamente a casa fino allo scadere del termine di protezione dal licenziamento a stipendio pieno però, per i giudici, che le cose siano andate in un modo piuttosto che in un altro, ciò non toglie che il titolare avesse prospettato alla lavoratrice una situazione personale e lavorativa pessima e ingiusta, al solo scopo di costringerla ad accettare le condizioni imposte dalla società.
Secondo gli ermellini, questo comportamento configura il reato di tentata violenza privata che ha una pena massima: 2 anni e 8 mesi di reclusione ma che nel caso in specie é stato dichiarato estinto per intervenuta prescrizione. ""
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
http://www.sentenze-cassazione.com/tentata-violenza-privata-costringere-una-neo-mamma-a-dimettersi/
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