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martedì 16 dicembre 2014

Avvocato penalista - Pubblicare un falso annuncio di incontri su internet comporta la condanna per la contravvenzione di cui all'Articolo 660 del Codice Penale ossia per Molestia o disturbo alle persone.

Avvocato penalista - Pubblicare un falso annuncio di incontri su internet comporta la condanna per la contravvenzione di cui all'Articolo 660 del Codice Penale ossia per Molestia o disturbo alle persone.

Personalmente, rilevo una grave lacuna nel giudizio penale che segue, concluso con la sentenza della Corte di Cassazione in esame, ossia l'assenza di ogni riferimento al pur sussistente delitto di falso.
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Avvocato penalista - Pubblicare un falso annuncio per incontri su internet comporta la condanna per la contravvenzione di cui all' Articolo 660 del Codice Penale ossia per Molestia o disturbo alle persone.
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"" Condannato per aver pubblicato un falso annuncio per incontri
 
Condannato per aver pubblicato un falso annuncio per incontri
 
Corte di Cassazione, sez. I Penale
Sentenza 4 aprile – 9 ottobre 2014, n. 42043
Presidente Cortese – Relatore Magi
 
L’imputato era stato ritenuto colpevole, in primo e secondo grado, per il reato di cui all’articolo 660 del codice penale, perchè aveva inserito su un sito internet un annuncio apparentemente scritto dalla persona offesa con cui la stessa, fornendo il proprio numero di telefono, si mostrava disponibile ad incontri a sfondo sessuale.
 
La donna, in conseguenza dell’annuncio, aveva ricevuto numerose telefonate oggettivamente moleste, basate sui contenuti del ‘falso‘ annuncio e, pertanto, sussiste a parere dei giudici territoriali, la responsabilità per le molestie ricevute dalla donna, essendone l’imputato l’autore mediato.
 
Secondo quanto è emerso nei primi gradi di giudizio, infatti, coloro che composero il numero di telefono della donna erano infatti indotti in errore dall’imputato circa la sua volontà di offrirsi, determinata dai contenuti del ‘post‘.
 
Il reato viene ritenuto configurabile anche sotto l’aspetto psicologico posto che la volontà dell’imputato era diretta, in tal modo, a creare molestia e disturbo alla persona presa di mira.
 
Pertanto, il reato è stato dunque consumato a mezzo del telefono, strumento utilizzato dal soggetti chiamanti sulla base della esatta indicazione dei numero, derivante dall’azione dell’imputato.
 
Veniva dunque proposto ricorso per Cassazione da parte dell’imputato il quale lamentava che il suo comportamento “avrebbe, al più, potuto essere incriminato per concorso (art. 110 cod. pen.) con i soggetti chiamanti, dato che ha fornito un contributo causale alla consumazione del reato ma non ha posto in essere la condotta tipica, limitandosi ad inserire l’annuncio sul sito internet“.
 
Secondo i giudici di Piazza Cavour “risultano corrette le argomentazioni giuridiche che hanno condotto alla conferma della decisione di primo grado e le critiche operate nel ricorso appaiono slegate dal reale percorso decisorio, con cui non si confrontano in modo adeguato“.
 
Gli ermellini chiariscono che “nell’ipotesi di cui all’art. 48 cod. pen., infatti, il soggetto punibile non commette l’azione tipica prevista dalla norma incriminatrice, ma determina le condizioni affinchè altri – incorrendo in errore – la commettano“.
 
Proprio per questo motivo, continuano i giudici, “il legislatore prevede l’assenza di punizione per l’autore della condotta tipica (data l’esistenza di errore sul fatto che costituisce reato, che altera il processo volitivo) e punisce il solo ‘determinatore’ , in apparente deroga alle norme in tema di concorso di persone nel reato. La deroga è solo apparente perchè anche le norme in tema di concorso implicano l’esistenza dell’elemento psicologico dei reato e della imputabilità soggettiva di ogni concorrente, come prevede – tra l’altro – l’art. 111 cod. pen. in modo analogo alla disposizione qui richiamata”.
 
Nel caso in esame “ricorre pienamente detta condizione, posto che la pubblicazione sul sito internet – pacificamente posta in essere dall’imputato – di un annuncio che rappresentava la falsa volontà della persona offesa di offrirsi sessualmente (con indicazione del reale recapito telefonico della medesima) induceva in errore i soggetti frequentatori del sito, con sottostante volontà del C. di determinare, tramite la successiva azione materiale di costoro, un pregiudizio alla ignara vittima“.
 
In conclusione, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso osservando che “la condotta tipica di cui all’art. 660 cod. pen. veniva pertanto commessa con il mezzo dei telefono – così come prevede la norma incriminatrice applicata – da parte di soggetti non punibili, in quanto tratti in errore – dal C. – circa la reale volontà della destinataria delle chiamate di rendersi disponibile ad incontri.
 
Né tale valutazione può dirsi eccentrica rispetto alla contestazione in fatto – con pieno esercizio sul punto dei diritti difensivi dell’imputato – posto che la contestazione descriveva in maniera dettagliata tanto la condotta tenuta dall’imputato che quella tenuta dai soggetti autori materiali delle chiamate“.
 
Articolo 660 Codice Penale Molestia o disturbo alle persone
 
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a cinquecentosedici euro.
 
Articolo 48 Codice Penale Errore determinato dall’altrui inganno
 
Le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche se l’errore sul fatto che costituisce il reato è determinato dall’altrui inganno; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l’ha determinata a commetterlo.
 
Articolo 111 Codice Penale Determinazione al reato di persona non imputabile o non punibile
 
Chi ha determinato a commettere un reato una persona non imputabile [86, 88, 96 1, 97, 98], ovvero non punibile a cagione di una condizione o qualità personale [46, 48], risponde del reato da questa commesso, e la pena è aumentata.
 
Se si tratta di delitti per i quali è previsto l’arresto in flagranza, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
 
Se chi ha determinato altri a commettere il reato ne è il genitore esercente la responsabilità genitoriale, la pena è aumentata fino alla metà o, se si tratta di delitti per i quali è previsto l’arresto in flagranza, da un terzo a due terzi. ""
 
Fonte sentenze-cassazione.com, qui:
 
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