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martedì 17 maggio 2016

Le mafie oggi. Tra nuovi scenari e vecchi paradigmi. (Roma, 24 maggio 2016)

Le mafie oggi. Tra nuovi scenari e vecchi paradigmi.

(Roma, 24 maggio 2016)
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Le mafie oggi. Tra nuovi scenari e vecchi paradigmi.
(Roma, 24 maggio 2016)
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mercoledì 16 marzo 2016

Avvocato penalista e confisca dei beni ai mafiosi.

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Avvocato penalista e confisca dei beni ai mafiosi.
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Avvocato penalista e confisca dei beni ai mafiosi.
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Perchè ritengo che la specifica normativa sia ingiusta, quanto meno in parte, cercherò di spiegarvelo e di motivarlo con lo scritto che qui seguirà e che è in preparazione.

Nel frattempo, cercate di addentrarvi nella materia, accedendo ai due links che seguono:

Per un approfondimento del Piano straordinario contro le mafie, le schede di lettura ed i riferimenti normativi vedete qui .

Per un approfondimento dell'Istituzione dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, le schede di lettura ed i riferimenti normativi, vedete qui .

E consultando i testi normativi di riferimento che regolano la specifica materia e che sono i seguenti: 

Legge 27 dicembre 1956, n°. 1423.

Legge 31 maggio 1965, n°. 575.

Legge 7 marzo 1996, n°. 109.

Legge 31 marzo 2010, n°. 50.

D. Lgs. 6 settembre 2011, n°. 159.

Cenni sull'evoluzione della normativa italiana in materia di confisca dei beni ai soggetti appartenenti alle associazioni di tipo mafioso ed alle altre associazioni criminali operanti col metodo mafioso.
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martedì 15 marzo 2016

Avvocato penalista - Le Associazioni di tipo mafioso, anche straniere, ovvero il reato previsto e punito dall'Articolo 416 bis del Codice Penale.

Avvocato penalista - Le Associazioni di tipo mafioso, anche straniere, ovvero il reato previsto e punito dall'Articolo 416 bis del Codice Penale.
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Avvocato penalista - Le Associazioni di tipo mafioso, anche straniere, ovvero il reato previsto e punito dall'Articolo 416 bis del Codice Penale.
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L'Articolo 416 bis del Codice Penale, intitolato alle Associazioni di tipo mafioso, anche straniere, prevede e stabilisce che:

Chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da sette a dodici anni.

Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da nove a quattordici anni.

L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.
 
Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da nove a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da dodici a ventiquattro anni nei casi previsti dal secondo comma.
 
L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.
 
Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profittodi delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.
 
Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego.
 
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra e alle altre associazioni, comunque localmente denominate anche straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.
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Avvocato penalista - Le Associazioni di tipo mafioso, anche straniere, ovvero il reato previsto e punito dall'Articolo 416 bis del Codice Penale.
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lunedì 14 marzo 2016

Avvocato penalista - La Associazione per delinquere ovvero il reato previsto e punito dall'Art. 416 del Codice Penale.

Avvocato penalista - La Associazione per delinquere ovvero il reato previsto e punito dall'Art. 416 del Codice Penale.
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Avvocato penalista - La Associazione per delinquere ovvero il reato previsto e punito dall'Art. 416 del Codice Penale.
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L'Articolo 416 del Codice Penale, intitolato alla Associazione per delinquere, prevede e stabilisce che:
Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni.
Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, si applica la reclusione da cinque a quindici anni.
La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più.
Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, nonché all’articolo 12, comma 3 bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si applica la reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove anni nei casi previsti dal secondo comma.
Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti previsti dagli articoli 600 bis, 600 ter, 600 quater, 600 quater 1, 600 quinquies, 609 bis, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, e 609 undecies, si applica la reclusione da quattro a otto anni nei casi previsti dal primo comma e la reclusione da due a sei anni nei casi previsti dal secondo comma.
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Avvocato penalista - La Associazione per delinquere ovvero il reato previsto e punito dall'Art. 416 del Codice Penale.
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domenica 13 marzo 2016

Avvocato penalista - Lo Scambio elettorale politico mafioso e le modalità mafiose di procacciamento dei voti ossia il reato previsto e punito dall'Art. 416 ter del Codice Penale.

Avvocato penalista - Lo Scambio elettorale politico mafioso e le modalità mafiose di procacciamento dei voti ossia il reato previsto e punito dall'Art. 416 ter del Codice Penale.
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Avvocato penalista - Lo Scambio elettorale politico mafioso e le modalità mafiose di procacciamento dei voti ossia il reato previsto e punito dall'Art. 416 ter del Codice Penale.
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"" Scambio elettorale politico mafioso (416-ter c.p.) e modalità mafiose di procacciamento dei voti.
Cassazione Penale, Sez. VI, 28 agosto 2014 (ud. 3 giugno 2014 ), n. 36382
Presidente Agrò, Relatore Villoni.
Con la sentenza numero 36382, depositata il 28 agosto 2014, la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha fatto il punto sulla fattispecie di reato di cui all’art. 416-ter c.p. (scambio elettorale politico mafioso) a seguito della riforma di cui alla legge 17 aprile 2014, n. 62 (Modifica dell’articolo 416-ter del codice penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso).
Questo il testo attuale della disposizione:
Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma.
I giudici della sesta sezione, pronunciandosi in merito al richiamo alle «modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis» hanno affermato il seguente principio di diritto:
«Ai sensi del nuovo articolo 416 ter c.p. le modalità di procacciamento dei voti debbono costituire oggetto del patto di scambio politico-mafioso, in funzione dell’esigenza che il candidato possa contare sul concreto dispiegamento del potere di intimidazione proprio del sodalizio mafioso e che quest’ultimo si impegni a farvi ricorso, ove necessario».
Secondo la Corte, in particolare, con la riforma di aprile è stato introdotto «un nuovo elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice che rende, rispetto alla versione precedente, penalmente irrilevanti condotte pregresse consistenti in pattuizioni politico-mafiose che non abbiano espressamente contemplato concrete modalità mafiose di procacciamento voti». Ne consegue che per la sussistenza del reato si deve dimostrare la «piena rappresentazione e volizione da parte dell’imputato di aver concluso uno scambio politico-elettorale implicante l’impiego da parte del sodalizio mafioso della sua forza di intimidazione e costrizione della volontà degli elettori».
I giudici nelle motivazioni citano anche la Relazione Parlamentare alla proposta di legge nella quale si sottolineava proprio come «l’ulteriore (diabolica) necessità di provare l’utilizzo del metodo mafioso, che non attiene alla struttura del reato, riconducibile ai delitti di pericolo ovvero a consumazione anticipata, rischiava di vanificare la portata applicativa della disposizione».
Senonché – scrivono i giudici – il testo che sanzionava l’accettazione del procacciamento dei voti con modalità previste dal terzo comma dell’art.416-bis non è più stato modificato ed è diventato legge. Ciò dimostra – si legge in sentenza – come la locuzione definitivamente inserita nel nuovo testo (ossia il riferimento alle modalità mafiose) abbia costituito oggetto di specifica ponderazione da parte del Parlamento e che «il mantenimento sia stato ritenuto funzionale all’esigenza di punire non il semplice accordo politico-elettorale, bensì quell’accordo avente ad oggetto l’impegno del gruppo malavitoso ad attivarsi nei confronti del corpo elettorale con le modalità intimidatorie tipicamente connesse al suo modo di agire».
Alla luce di tale modifica, la Corte ha disposto l’annullamento con rinvio osservando come spetterà alla Corte territoriale rivalutare la fattispecie alla luce dello ius superveniens onde stabilire se è ancora possibile sussumere la condotta contestata nell’ambito del nuovo art. 416-ter c.p. o se invece debba ricondursi ad altra figura di reato.

Fonte giurisprudenzapenale.com :
Avvocato penalista - Lo Scambio elettorale politico mafioso e le modalità mafiose di procacciamento dei voti ossia il reato previsto e punito dall'Art. 416 ter del Codice Penale.
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sabato 12 marzo 2016

Avvocato penalista - Ai fini del reato di cui all'Art. 660 del Codice Penale (Molestie o disturbo alle persone), anche Facebook va considerato come luogo aperto al pubblico.

Avvocato penalista - Ai fini del reato di cui all'Art. 660 del Codice Penale (Molestie o disturbo alle persone), anche Facebook va considerato come luogo aperto al pubblico.
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Avvocato penalista - Ai fini del reato di cui all'Art. 660 del Codice Penale (Molestie o disturbo alle persone), anche Facebook va considerato come luogo aperto al pubblico.
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"" In tema di molestie: Facebook va considerato “luogo aperto al pubblico”.

Cassazione Penale, Sez. I, 12 settembre 2014 (ud. 11 luglio 2014), n. 37596

Presidente Chieffi, Relatore Di Tommasi.

Con la pronuncia che si segnala, depositata il 12 settembre 2014, i giudici della Prima Sezione della Corte di Cassazione hanno affermato che, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 660 c.p. (molestie o disturbo alle persone), va considerato luogo aperto al pubblico la piattaforma sociale Facebook, quale luogo “virtuale” aperto all’accesso di chiunque utilizzi la rete.

Con riferimento alla fattispecie di reato in questione (secondo cui «chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516») la Corte ha ritenuto «innegabile che la piattaforma sociale Facebook (disponibile in oltre 70 lingue, che già nel 2008 contava più di 100 milioni di utenti) rappresenti una sorta di piazza immateriale che consente un numero indeterminato di accessi e visioni, rese possibili da una evoluzione scientifica che il Legislatore non era arrivato ad immaginare».

Secondo i giudici della Cassazione si tratterebbe di un’interpretazione estensiva «che la lettera della legge non impedisce di escludere dalla nozione di luogo e che, a fronte della rivoluzione portata alle forme di aggregazione e alle tradizionali nozioni di comunità sociale, la sua ratio impone, anzi, di considerare».

In conclusione, a prescindere dalla assimilabilità della comunicazione telematica alla comunicazione telefonica (l’altra modalità di realizzazione delle molestie) integra la contravvenzione di cui all’art. 660 c.p. l’invio di messaggi molesti, “postati” sulla pagina pubblica di Facebook della persona offesa.

Fonte giurisprudenzapenale.com:

http://www.giurisprudenzapenale.com/2014/09/12/in-tema-di-molestie-facebook-va-considerato-luogo-aperto-al-pubblico/ ""
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Avvocato penalista - Ai fini del reato di cui all'Art. 660 del Codice Penale (Molestie o disturbo alle persone), anche Facebook va considerato come luogo aperto al pubblico.
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venerdì 11 marzo 2016

Avvocato penalista - La Violenza sessuale, cioè il reato previsto e punito dall'Articolo 609 bis del Codice Penale, e l'abuso di autorità al fine di commettere violenza sessuale.

Avvocato penalista - La Violenza sessuale, cioè il reato previsto e punito dall'Articolo 609 bis del Codice Penale, e l'abuso di autorità al fine di commettere violenza sessuale.
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Avvocato penalista - La Violenza sessuale, cioè il reato previsto e punito dall'Articolo 609 bis del Codice Penale, e l'abuso di autorità al fine di commettere violenza sessuale.
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"" Violenza sessuale ed abuso di autorità – Cass. Pen. 36704/2014.

Cassazione Penale, Sez. III, 3 settembre 2014 (ud. 27 marzo 2014), n. 36704.

Presidente Fiale, Relatore Grillo.

Con la pronuncia che si segnala, depositata il 3 settembre 2014, la terza sezione della Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla fattispecie di reato di cui all’art. 609-bis c.p. (violenza sessuale) affermando che nel concetto di “autorità” richiamato dalla disposizione non rientrano solo le posizioni autoritative di tipo pubblicistico, ma anche ogni potere di supremazia di natura privata, di cui l’agente abusi per costringere il soggetto passivo a compiere o a subire atti sessuali.

I giudici nelle motivazioni hanno dato atto del contrasto giurisprudenziale sussistente intorno al significato da attribuire all’espressione “abuso di autorità”:

secondo un primo orientamento l’abuso di autorità sarebbe ricollegato esclusivamente all’esercizio o alla strumentalizzazione di una posizione autoritaria di tipo formale o pubblicistica, in grado di costringere il soggetto passivo a compiere atti sessuali (v. in tal senso Cass. Pen., Sez. IV, 6982/2012 secondo cui in tema di violenza sessuale, l’abuso di autorità rilevante ai sensi dell’art. 609 bis, comma primo, cod. pen. presuppone nell’agente una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico, sostanzialmente dipendente dall’affidamento del soggetto passivo in ragione del pubblico ufficio ricoperto dall’agente e determina una costrizione al compimento degli atti sessuali; sentenza che si colloca nel solco della pronuncia delle Sezioni Unite n. 13 del 2000 secondo cui in tema di violenza sessuale, l’ abuso di autorità di cui all’art. 609 bis comma 1 c.p. presuppone nell’agente una posizione autoritativa di tipo formale e pubblicistico.

secondo altro orientamento, al contrario, nel concetto di “autorità” rientrerebbero non solo le posizioni autoritative di tipo pubblicistico, ma anche ogni potere di supremazia di natura privata, di cui l’agente abusi per costringere il soggetto passivo a compiere o a subire atti sessuali.

La Corte si è schierata a favore della seconda interpretazione, espressamente richiamando Cass. Pen., Sez. III, 19418/2012, pronuncia che ha avuto il pregio di allargare il confine dell’abuso di autorità anche a soggetti non rivestenti una carica pubblica, muovendo dal presupposto che l’abuso di autorità vale quale mezzo di costrizione ulteriore ed alternativo rispetto alla violenza o alla minaccia nei confronti di un soggetto che, rispetto all’agente, si trova in posizione di subalternità e di rispetto delle gerarchie.

In conclusione, con la pronuncia in esame la Corte ha ribadito quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui il concetto di autorità, riferito al reato di violenza sessuale, non può essere inteso in maniera puramente formale – nel senso, cioè, di appartenenza ad un potere pubblico – dal momento che la fattispecie di cui all’art. 609-bis c.p. (a differenza della precedente ipotesi di cui all’art. 520 c.p.) ha un significato più ampio, comprendente tra i soggetti attivi ogni persona rivestita di autorità senza particolari inflessioni (quindi anche privata) che costituisce il mezzo di dominio sul soggetto passivo tale da coartarne la volontà e/o condizionarne il comportamento.

Fonte giurisprudenzapenale.com, qui:

http://www.giurisprudenzapenale.com/2014/09/07/violenza-sessuale-ed-abuso-di-autorita-cass-pen-367042014/ ""
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Avvocato penalista - La Violenza sessuale, cioè il reato previsto e punito dall'Articolo 609 bis del Codice Penale, e l'abuso di autorità al fine di commettere violenza sessuale.
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giovedì 10 marzo 2016

Avvocato penalista - Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e Sequestro di persona; la Cassazione rimarca il rapporto tra i due reati.

Avvocato penalista - Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e Sequestro di persona; la Cassazione rimarca il rapporto tra i due reati.
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Avvocato penalista - Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e Sequestro di persona; la Cassazione rimarca il rapporto tra i due reati.
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"" Sul rapporto tra esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e sequestro di persona.

Cassazione Penale, Sez. V, 7 agosto 2014 (ud. 18 aprile 2014), n. 35076.

Presidente Marasca, Relatore Micheli, P.G. Delehaye.

Con la pronuncia che si segnala i giudici della quinta sezione penale della Corte di Cassazione sono tornati a pronunciarsi in ordine al rapporto intercorrente tra le fattispecie di reato di cui agli artt. 393 c.p. (esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone) e 605 c.p. (sequestro di persona).

L’imputato, condannato in appello per esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alla persona e sequestro di persona, proponeva ricorso per Cassazione richiamandosi a quella giurisprudenza secondo cui sarebbe consentito ravvisare un concorso formale tra i reati de quibus solo qualora la limitazione della libertà abbia avuto una propria rilevanza ed autonomia, e ciò potrebbe accadere soltanto qualora la presunta condotta di sequestro di persona risulti estranea e comunque non indispensabile alla soddisfazione del preteso diritto che si intenda, pur arbitrariamente, esercitare.

In caso contrario – osservava la difesa – si perverrebbe a compiere di fatto una duplicazione condannatoria, conferendo rilievo ai fini del sequestro alle medesime forme di coazione già valutate come elemento costitutivo della ragion fattasi.

La Corte ha ritenuto il motivo infondato escludendo di poter ravvisare un  rapporto di specialità fra le norme di cui agli artt. 393 e 605 cod. pen., essenzialmente ragionando intorno al fatto che l’elemento costitutivo della privazione della libertà personale – da intendersi come impedimento alla libertà di locomozione – risulta estranea alla fattispecie astratta di esercizio arbitrario delle proprie ragioni (per realizzare la quale si richiedono genericamente condotte violente, od anche semplicemente di minaccia), mentre è elemento costitutivo del delitto di sequestro di persona.

Inoltre, come è noto, ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 605 cod. pen., lo scopo avuto di mira dal soggetto attivo non ha alcun rilievo: il che comporta che l’avere agito al fine di esercitare un preteso diritto non vale ad escludere il dolo del sequestro di persona (si tratta, infatti, di reato punito a titolo di dolo generico), ove la condotta posta in essere sia stata strumentale a precludere la libertà di movimento della vittima, quale evento oggetto di rappresentazione e volizione da parte del reo.

In definitiva, ricorrendo i presupposti di entrambi i reati, un sequestro di persona ben può concorrere con un addebito di ragion fattasi.

Secondo la Corte di Cassazione, meritano quindi di essere ribaditi e condivisi i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità nella sentenza Rovere (Cass. Pen., Sez. 5, n. 9731 del 03/02/2009, Rovere, Rv 243020) – pronuncia peraltro richiamata già dalla Corte di Appello – secondo cui «il reato di sequestro di persona può concorrere con quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni quando l’agente sia mosso dal fine di esercitare un preteso diritto e commetta il primo per eseguire il secondo».

A conclusione del ragionamento i giudici richiamano la giurisprudenza in tema di sequestro di persona secondo cui la privazione della libertà non necessariamente deve avere carattere di assolutezza, «essendo sufficiente anche una relativa impossibilità di recuperare la propria libertà di scelta e di movimento: nè alcun rilievo assume, da una parte, la maggior o minore durata della limitazione, purché questa si protragga per un tempo giuridicamente apprezzabile, e, dall'altra parte, la circostanza che il sequestrato non faccia alcun tentativo per riacquistare la propria libertà di movimento, non recuperabile con immediatezza, agevolmente e senza rischi.

Il reato, infatti, è configurabile anche quando il soggetto passivo riesca a riappropriarsi della propria libertà, dopo una privazione giuridicamente apprezzabile che segna il momento consumativo del sequestro»(Cass., Sez. 5, n. 5443 del 15/11/1999, Pinco, Rv 215253).

Ciò è appunto quel che si è verificato nella fattispecie concreta, con la vittima certamente costretta e bloccata contro il muro per alcuni minuti, quindi accompagnata dabbasso dall'imputato che si teneva sempre stretto a lui, come chiaramente percepito dalla titolare del bar dove i due soggetti si recarono: perciò, il particolare che l’avvocato non intese rivolgersi a qualche passante, o sollecitare in modo più plateale l’arrivo delle forze dell’ordine, ben può spiegarsi con la perdurante coercizione cui egli si trovava ancora sottoposto.

Del resto – si legge nelle motivazioni – già in alcune pronunce si è sostenuto che un tempo di venti minuti sia più che sufficiente per intendere perfezionato un sequestro di persona sul piano dell’elemento materiale (v. Cass., Sez. 1, n. 18186 dell’08/04/2009, Lombardo); ma, come avvertito, l’importante non è pervenire ad una quantificazione minima, bensì trovarsi dinanzi a un dato temporale comunque apprezzabile: «per la sussistenza dell’elemento materiale del delitto di sequestro di persona previsto dall'art. 605 cod. pen., è sufficiente che vi sia stata in concreto una limitazione della libertà fisica della persona, tale da privarlo della capacità di spostarsi da un luogo all'altro, a nulla rilevando la durata dello stato di privazione della libertà, che può essere limitato ad un tempo anche breve» (Cass., Sez. 5, n. 43713 del 22/11/2002, Malatesta, Rv 223503, vicenda nella quale la vittima del reato era stata legata, per poi liberarsi da sola nel giro di pochi minuti).

Fonte giurisprudenzapenale.com :

http://www.giurisprudenzapenale.com/2014/08/30/sul-rapporto-tra-esercizio-arbitrario-delle-proprie-ragioni-con-violenza-alle-persone-e-sequestro-di-persona/ ""
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Avvocato penalista - Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e Sequestro di persona; la Cassazione rimarca il rapporto tra i due reati.
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mercoledì 9 marzo 2016

Avvocato penalista - La premeditazione condizionata.

Avvocato penalista - La premeditazione condizionata.
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"" In tema di “premeditazione condizionata” – Cass. Pen. 28795/2014.

Cassazione Penale, Sez. I, 3 luglio 2014 (ud. 3 dicembre 2013), n. 28795.

Presidente Cortese, Relatore Caiazzo, P.G. D’Ambrosio.

In questo contributo, l’autore rammenta brevemente i tratti costitutivi dell’aggravante della premeditazione e, dopo aver presentato il principio di diritto in tema di rapporti tra questa e il fatto illecito condizionato, conclude la trattazione ragionando su alcune questioni problematiche quali, da un lato, i rapporti tra premeditazione, dolo eventuale e “condizione di difficile verificazione”, e, dall’altro, i rapporti tra premeditazione, dolo alternativo e “condizione alternativa“.

Nella pronuncia in commento la Corte ha affermato il principio secondo cui sussiste l’aggravante della premeditazione anche quando l’agente abbia risolutivamente condizionato il proposito criminoso al mancato verificarsi di un determinato evento ad opera della vittima.

Fonte giurisprudenzapenale.com:

http://www.giurisprudenzapenale.com/2014/09/09/in-tema-di-premeditazione-condizionata/ ""
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Avvocato penalista - La premeditazione condizionata.
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martedì 8 marzo 2016

Avvocato penalista - La legittima difesa domiciliare.

Avvocato penalista - La legittima difesa domiciliare.
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"" In tema di legittima difesa domiciliare – Cass. Pen. 28802/2014.

Cassazione Penale, Sez. I, 3 luglio 2014 (ud. 25 febbraio 2014), n. 28802.

Presidente Cortese, Relatore La Posta, P.G. Gialanella.

Pronunciandosi su una vicenda analoga ad uno dei casi di scuola più abusati dalla manualistica (quello del proprietario di casa che spara al ladro per impedire il furto della propria autovettura), la prima sezione penale della Corte di Cassazione, con la pronuncia numero 28802, ha preso posizione in ordine alla natura giuridica della cd. legittima difesa domiciliare di cui all’art. 52 commi 2 e 3 c.p. schierandosi a favore dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui si avrebbe a che fare con un’ipotesi speciale di legittima difesa e non con una scriminante autonoma.

Ben note le conseguenze derivanti dalla adesione al primo o al secondo orientamento: aderendo, infatti, all’orientamento che considera la legittima difesa domiciliare un’ipotesi speciale di legittima difesa, ai fini della sua configurabilità dovranno sussistere (oltre ai requisiti di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 52 c.p.) anche i requisiti di cui al comma 1, con la conseguenza che il giudice dovrà sempre accertare la sussistenza del pericolo attuale, dell’offesa ingiusta e della inevitabilità della reazione difensiva.

1. Questi, in breve, i fatti: intorno alle ore 02.00 della notte ignoti si erano introdotti nell’abitazione del l’imputato e si erano portati al primo piano ove erano situate le camere da letto.

Entrato in funzione il sistema di allarme, l’imputato aveva notato nel soggiorno una persona che teneva in una mano una torcia con la quale lo aveva abbagliato e nell’altra un oggetto non individuato; rientrato nella camera da letto aveva preso il fucile da caccia, regolarmente denunziato, si era portato sul balcone che da sul retro della casa dal quale aveva notato una persona che si stava impossessando della sua autovettura Mercedes; quindi aveva esploso un primo colpo di fucile – colpendo al petto la persona che alla guida dell’auto si stava dirigendo verso il cancello – poi si era portato su un altro balcone ed aveva esploso un altro colpo di fucile, come confermato dal rinvenimento dei due bossoli vuoti sui due diversi balconi.

In secondo grado la Corte di assise di appello di Brescia riformava parzialmente la decisione con la quale il Gup del Tribunale di Bergamo, all’esito del giudizio abbreviato, lo aveva condannato per omicidio volontario, riducendo la pena allo stesso inflitta ad anni sei, mesi due e giorni venti di reclusione.

Proponeva ricorso l’imputato sostenendo che ai fini dell’applicabilità della disposizione sulla legittima difesa domiciliare non sarebbe richiesto che sia in corso un’aggressione personale o ai beni, ma che sussista semplicemente un pericolo di aggressione, ossia una situazione nella quale non è esclusa la possibilità dell’aggressione, ovvero è semplicemente possibile ed è, quindi, giustificata la reazione.

2. La Corte di Cassazione ha aderito alla tesi – già sostenuta in giurisprudenza – secondo cui quella di cui all’art. 52 c. 2 e 3 sarebbe una ipotesi speciale della normale legittima difesa (di cui all’art. 52 c. 1) e, alla luce della ricostruzione delle condotte operata dai giudici di merito (secondo la quale, dopo essere entrati in casa, i malviventi si erano allontanati, dandosi alla fuga con l’autovettura del ricorrente che ha sparato nel momento in cui il pericolo di aggressione non era più attuale), ha ritenuto il motivo infondato.

Ad avviso della Corte, i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza con riferimento alla configurabilità della scriminante della legittima difesa domiciliare, nel senso che le modifiche apportate all’art. 52 c.p. dalla L. n. 59 del 2006, hanno riguardato solo il concetto di proporzionalità, fermi restando i presupposti dell’attualità dell’offesa e della inevitabilità dell’uso delle armi come mezzo di difesa della propria o dell’altrui incolumità; di conseguenza, la reazione a difesa dei beni è legittima solo quando non vi sia desistenza e sussista un pericolo attuale per l’incolumità fisica dell’aggredito o di altri (Sez. 1, n. 16677 del 08/03/2007, Grimoli, rv. 236502; Sez. 1, n. 23221 del 27/05/2010, Grande, rv. 247571).

Al momento in cui il ricorrente ha usato l’arma per sparare – scrivono i giudici – non vi era alcun pericolo di aggressione, posto che i malviventi si stavano allontanando rubando l’autovettura: non vi era alcuna aggressione in atto nei confronti dell’imputato o dei suoi familiari; inoltre – continua la Corte – per sua stessa ammissione, il ricorrente aveva preso il fucile per spaventare i ladri e, recatosi sul balcone, aveva visto che stavano prendendo la sua autovettura e si stavano allontanando; pertanto, dall’interno del balcone aveva sparato in direzione del parabrezza il colpo rivelatosi mortale.

La Corte di appello, quindi, ha dato conto del fatto che allorchè l’imputato sparò, l’unico bene effettivamente aggredito era l’autovettura di cui voleva impedire il furto, mentre i ladri a bordo dell’auto stavano fuggendo e ogni aggressione doveva ritenersi ormai esaurita.

Secondo la Corte, anche il presupposto dell’assoluta necessità della reazione – anch’esso richiesto ai fini della sussistenza della legittima difesa (sia quella domiciliare sia quella ordinaria) – è stato escluso dalla Corte territoriale laddove ha sottolineato che il ricorrente, accortosi che i ladri stavano fuggendo a bordo della propria auto, invece di porre in atto la reazione estrema effettivamente realizzata, sparando ad altezza d’uomo a poco più di tre metri di distanza, avrebbe potuto porre in essere una condotta meno dannosa, quale l’esplosione di un colpo in aria a scopo intimidatorio o l’esplosione di un colpo indirizzato alle ruote dell’auto, ugualmente idonea a mettere in fuga i malviventi, compresi quelli eventualmente rimasti all’interno dell’abitazione.

Al contrario, l’imputato ha scelto volontariamente di sparare al parabrezza dell’auto dal quale era chiaramente visibile – tenuto conto dell’illuminazione del faro che gli permetteva di vedere chiaramente la sagoma del guidatore – la persona che era alla guida.

3. In senso conforme v. Cass. pen. Sez. I, 21-02-2007, n. 12466 (rv. 236217) secondo cui la causa di giustificazione prevista dall’art. 52, comma secondo, cod. pen., così come mod. dall’art. 1 L. 13 febbraio 2006 n. 59, non consente un’indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella propria dimora, ma presuppone un attacco, nell’ambiente domestico, alla propria o altrui incolumità, o quanto meno un pericolo di aggressione; Cass. pen. Sez. I Sent., 08-03-2007, n. 16677 (rv. 236502) secondo cui in tema di legittima difesa, le modifiche apportate dalla legge 13 febbraio 2006, n. 59 all’art. 52 cod. pen., hanno riguardato solo il concetto di proporzionalità, fermi restando i presupposti dell’attualità dell’offesa e della inevitabilità dell’uso delle armi come mezzo di difesa della propria o dell’altrui incolumità; di conseguenza, la reazione a difesa dei beni è legittima solo quando non vi sia desistenza ed anzi sussista un pericolo attuale per l’incolumità fisica dell’aggredito o di altri; Cass. pen. Sez. I, 27-05-2010, n. 23221 (rv. 247571) secondo cui in tema di legittima difesa, le modifiche apportate dalla legge 13 febbraio 2006, n. 59 all’art. 52 cod. pen. hanno riguardato solo il concetto di proporzionalità, al dichiarato scopo di rafforzare il diritto di autotutela in un privato domicilio o in un luogo ad esso equiparato, fermi restando i presupposti dell’attualità dell’offesa e della inevitabilità dell’uso dell’arma come mezzo di difesa della propria o dell’altrui incolumità; Cass. pen. Sez. IV, 14-11-2013, n. 691 (rv. 257884) secondo cui la causa di giustificazione prevista dall’art. 52, comma secondo, cod. pen., così come modificato dall’art. 1 della legge 13 febbraio 2006, n. 59, non consente un’indiscriminata reazione nei confronti del soggetto che si introduca fraudolentemente nella dimora altrui ma presuppone un pericolo attuale per l’incolumità fisica dell’aggredito o di altri.

Fonte giurisprudenzapenale.com:

http://www.giurisprudenzapenale.com/2014/08/01/in-tema-di-legittima-difesa-domiciliare-cass-pen-288022014/ ""
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Avvocato penalista - La legittima difesa domiciliare.
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