Avvocato penalista - La Violenza sessuale su minore; il reato deve ritenersi consumato anche in assenza di contatto fisico. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza che qui di seguito viene riportata.
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"" Violenza sessuale su minore: reato anche in assenza di contatto fisico.
Cassazione penale , sez. IV, sentenza 22.07.2013 n° 31290.
Non è necessario un vero e proprio contatto fisico, tra carnefice e vittima, per l'integrazione del delitto di violenza sessuale su minore. E' quanto emerge dalla sentenza 22 luglio 2013, n. 31290 della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione.
Il caso vedeva un uomo compiere condotte idonee e dirette in modo non equivoco a compiere atti sessuali con alcuni minori, consistenti nell'avvicinare i minori e richiedere agli stessi il compimento di atti sessuali.
Sul punto diversi sono i principi in materia richiamati dai giudici della Quarta Sezione. Innanzitutto, la giurisprudenza di legittimità ha più volte affrontato l'argomento della differenza tra il delitto di violenza sessuale e la contravvenzione di molestie, specificando che la nozione di "atti sessuali", cui fa riferimento l'art. 609 bis c.p., poichè nasce dalla somma delle due nozioni di congiunzione carnale e di atti di libidine che la legislazione previgente considerava e disciplinava separatamente, non può non comportare un coinvolgimento della corporeità sessuale della persona offesa (Cass. pen., Sez. III, Sentenza n. 2941 del 28 settembre 1999 Cc. (dep. 3 novembre 1999), Rv. 215100).
Di conseguenza, non possono qualificarsi come "atti sessuali", nel senso richiesto dalla norma incriminatrice, tutti quegli atti, i quali, pur essendo espressivi di concupiscenza sessuale, siano però inidonei (come nel caso dell'esibizionismo, dell'autoerotismo praticato in presenza di altri costretti ad assistervi o del "voyeurismo"), ad intaccare la sfera della sessualità fisica della vittima (Cass. pen., Sez. III, sentenza n. 23094 del 11 maggio 2011 Ud. (dep. 8 giugno 2011), Rv. 250654; Cass. pen., Sez. III, Sentenza n. 7365 del 18 gennaio 2012 Ud. (dep. 24 febbraio 2012), Rv. 252132).
Se si ritiene quello della "corporeità" elemento necessario per caratterizzare un atto come "sessuale", ne deriva che non sono tipiche tutte quelle condotte che non coinvolgono il corpo della vittima, in quanto non costretta a "compiere" o a "subire" gli atti sessuali. In applicazione di tale principio, la giurisprudenza ha escluso la configurabilità della tentata violenza sessuale con riguardo ad un fatto di masturbazione dinanzi ad una minore (Cass. pen., Sez. III, Sentenza n. 23094 del 11 maggio 2011 Ud. (dep. 8 giugno 2011), Rv. 250654).
Nel caso di specie "la particolare invasività della condotta, il vero e proprio "accerchiamento" della vittima, correttamente è stata ritenuta dal giudice di merito, con valutazione ex ante, idonea alla costrizione ovvero a carpire il consenso agli atti sessuali invocati. Quanto alla univocità della condotta, essa emerge oggettivamente non solo dal tenore non equivoco delle frasi pronunciate, ma anche dal fatto che gli inviti a consumare gli atti sessuali sono stati accompagnati dalla indicazione di luoghi di consumazione in grado di garantire una sfera di intimità (casa, ascensore, parco)".
Neppure può essere invocata l'attenuante della minore gravità del fatto. Infatti, come evidenziato dai giudici di legittimità "ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità nel tentativo di violenza sessuale non si deve tenere conto dell'azione effettivamente compiuta dall'agente, ma di quella che lo stesso aveva intenzione di porre in essere e che non è stata realizzata per cause indipendenti dalla sua volontà" (Cass. pen., Sez. III, Sentenza n. 44416 del 9 novembre 2011 Ud. (dep. 30 novembre 2011), Rv. 251216).
Fonte altalex.com; per leggere il testo della sentenza, cliccare al seguente link:
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