Avvocato penalista - Il delitto di ingiuria (previsto e punito dall'Art. 594 del nostro Codice Penale).
____________________________________L'art. 594 del Codice Penale prevede che:
Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a cinquecentosedici euro.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa.
La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a milletrentadue euro, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate qualora l'offesa sia commessa in presenza di più persone.
L'offesa dell'onore o del decoro della persona si possono concretare in vari modi, tra cui, si segnalano ed a mero titolo indicativo, i più usuali, che sono: l'espressione verbale, la telefonata, una lettera inviata per posta, un disegno, la scritta su un muro o su una parete, una fotografia, un gesto della mano, un'espressione del volto e, non da meno, grazie alle nuove tecnologie, anche una e-mail, un post od un commento scritti in un gruppo, in un forum, in un blog o su di un sito internet, ecc.
L'espressione lesiva od offensiva dell'onore o del decoro di una persona non è più tale - a parere della nostra Corte di Cassazione, che, personalmente, non condivido - se e quando, essendo entrata nel linguaggio comune e, sebbene grave, non configurerebbe più il delitto di ingiuria, nei soli casi in cui non rappresenti un attacco all'onore altrui o sia profferita in un contesto giustificativo della reazione.
Poiché, a mio modesto parere, una cosa è l'obiettivo attacco all'onore altrui, al di là della entrata nel lessico comune dell'espressione ingiuriosa - che non equivale per nulla alla sua entrata nel lessico di tutti - e ben altra cosa è il suo profferimento in un contesto che la giustifichi o la motivi.
Atteso che - come la Corte di Cassazione dovrebbe sapere - da molti lustri in qua, esiste un'altra norma del nostro Codice Penale, che disciplina e prevede una elementare e notissima esimente ossia quella che ci hanno insegnato a scuola, che si trova al secondo comma dell'art. 599 del nostro Codice Penale e che recita così:
Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 594 e 595 (del codice penale, n.d.r.) nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso.
Per cui ed in conclusione, non ogni sciocchezza o volgarità, che è prediletta dai più del e nel nostro tempo, di per sè sola, dovrebbe o deve divenire una verità accettata o rivelata per tutti.
L'espressione ingiuriosa è o dovrebbe essere sempre tale in rapporto alla sua idoneità lesiva od offensiva dell'altrui decoro od onore e non certo in rapporto alle mode od a certe insane usanze.
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""" Mi hai rotto i co… è linguaggio comune e pertanto non è ingiuria.
Le frasi entrate nel comune linguaggio, sebbene gravi, non configurano ingiuria se non sono un attacco all’onore altrui e sono proferite in un contesto che giustifica tale reazione.
Ci sono espressioni che, sebbene possano risultare pesanti e violente, non costituiscono un attacco all’onore altrui; peraltro, l’uso di un linguaggio più “disinvolto” e aggressivo rispetto al passato, sebbene censurabile sul piano del costume, è ormai accettato (se non sopportato) dalla maggioranza dei cittadini.
A dirlo è la Cassazione [1] che, per entrare nel merito di un diverbio tra due coinquilini, chiarisce che l’espressione “Mi hai rotto i cogl…”, anche se proferita davanti a testimoni, non è reato di ingiuria [2].
L’espressione colorita in questione – precisa la Suprema Corte – equivale ormai, nel linguaggio comune, a “non infastidirmi” e, nel caso di specie, era stata dettata dalla necessità di rispondere alle petulanti insistenze dell’interlocutore (che chiedeva notizie circa la sorte di un oggetto).
Per aversi ingiuria è necessario verificare il contenuto delle frasi, il significato che le espressioni adoperate hanno assunto nel linguaggio comune e nelle concrete circostanze in cui sono dette. Non contano le (eventuali) intenzioni inespresse dell’agente né le sensazioni soggettive che la frase può aver innescato nel destinatario.
Né si può configurare il reato di minaccia se la persona si è limitata a gesticolare veemente, a urlare e a dare in escandescenze: per aversi la minaccia è infatti necessario infatti un gesto esplicito e inequivocabile tale da intimorire l’interlocutore
[1] Cass. sent. n. 19223/13 del 3.05.2013.[2] Art. 599 cod. pen. """
Fonte La legge per tutti.it .
http://www.laleggepertutti.it/29028_mi-hai-rotto-i-co-e-linguaggio-comune-e-pertanto-non-e-ingiuria
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