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giovedì 23 gennaio 2014

Avvocato penalista - La Frode nell'esercizio del commercio o Frode in commercio , il reato previsto e punito dall'Articolo 515 del Codice Penale.

Avvocato penalista - La Frode nell'esercizio del commercio o Frode in commercio, il reato previsto e punito dall'Articolo 515 del Codice Penale.

La Corte di Cassazione ha stabilito, con la sentenza che qui viene evidenziata, che ricorre l'ipotesi del tentativo di Frode nell'esercizio del commercio nel caso da essa vagliato di un ristorante che utilizzava in cucina dei prodotti congelati senza indicarli nel menù.

L'imputazione formulata a carico di entrambi i titolari di quel ristorante - e rimasta immutata fino al grado di cassazione del giudizio penale celebratosi a loro carico - è stata quella di cui agli artt. 56 c. p. (il Delitto tentato), 110 c. p. (la Pena per coloro che concorrono nel reato) e 515 c. p. (la Frode nell'esercizio del commercio) ossia il tentativo di Frode nell'esercizio del commercio in concorso o di Frode in commercio.

L'Articolo 515 del Codice Penale, intitolato alla Frode nell'esercizio del commercio, prevede che:
 
Chiunque, nell'esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all'acquirente una cosa mobile per un'altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a 2065 euro.

Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a 103 euro.

A mio modesto avviso, sia l'imputazione, che le 3 sentenze, sono sbagliate e spiego perché.

In nessuna di esse è contenuto alcun riferimento all'approfondimento della verifica ispettiva eseguita nel ristorante incriminato e, dunque, se ne deve dedurre che i verificatori non hanno appurato, com'era nei loro elementari doveri, se i cibi congelati da essi rinvenuti nei frigoriferi del ristorante esaminato e non indicati nei suoi menù, quanto a qualità, origine e stato, corrispondevano o meno alle quantità evidenziate nelle rispettive fatture di acquisto.

Una verifica essenziale, che avrebbe appurato se o se non fossero stati già somministrati ai clienti.

Accertamento che, se effettuato, avrebbe fatto emergere l'effettività dei fatti moncamente accertati e che hanno portato sia ad una sentenza sbagliata, che ad un'occasione mancata di rendere giustizia.

Se a quanto precede si aggiunge l'ovvia considerazione che nessun ristoratore ripone nei frigoriferi del suo esercizio pubblico cibi che non sa dove o non può mettere altrove, ma soltanto per utilizzarli nel suo pubblico esercizio, se ne deve dedurre che il delitto di cui all'art. 515 c. p., nel caso di specie, non è stato un delitto tentato, ma un delitto più volte già consumato.
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Avvocato penalista - La Frode nell'esercizio del commercio o Frode in commercio, il reato previsto e punito dall'Articolo 515 del Codice Penale.
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""" Frode alimentare, indicare, cibo congelato, ristorante, tentativo.

Suprema Corte di Cassazione - Terza Sezione Penale
Sentenza 2 ottobre - 5 novembre 2013 n. 44643
Presidente Mannino – Relatore Lombardi

Con la sentenza che riportiamo, la Cassazione ha trattato il caso di un ristorante che utilizzava in cucina dei prodotti congelati senza indicarli nel menù.
 
Secondo quanto è stato deciso dai giudici di Piazza Cavour, si configura la frode in commercio e, dunque, sebbene in primo grado il giudice aveva escluso che la semplice detenzione, all’interno di un frigorifero, di merce congelata e la mancata indicazione nella lista delle vivande di detta qualità integrasse la fattispecie degli atti idonei diretti in modo non equivoco alla vendita fraudolenta, la Corte d'Appello affermava che tale condotta integrasse l’ipotesi del tentativo di frode in commercio ciò non condiviso dai giudici della massima corte poiché tale risultato non sarebbe in linea con le recenti decisioni prese sulla materia.
 
Infatti, i giudici di legittimità hanno stabilito che “anche la mera disponibilità di alimenti surgelati, non indicati come tali nel menu, nelle cucina di un ristorante, configura il tentativo di frode in commercio, indipendentemente dall’inizio di una concreta contrattazione con il singolo avventore” (sez. 3, sentenza n. 6885 del 18/11/2008, Chen, Rv. 242736; sentenze precedenti conformi: n. 10145 del 2002 Rv. 221461, n. 19395 del 2002 Rv. 221958, n. 14806 del 2004 Rv. 227964, n. 24190 del 2005 Rv. 231946, n. 23099 del 2007 Rv. 237067), orientamento dal quale la Suprema Corte, nella sentenza in commento, non ritiene di discostarsi".
 
Per gli ermellini, infine, "la questione civilistica della cosiddetta offerta al pubblico, non revocabile se non con le medesime forme, di cui trattano la sentenza impugnata ed il ricorso per contestarne le affermazioni, non appare affatto dirimente, né rilevante, ai fini della configurabilità del tentativo".

Infatti "la questione della revocabilità dell’offerta contenuta nel menu, infatti, può assumere rilevanza solo ai fini della configurabilità della desistenza, atta ad escludere il reato nell’ipotesi in cui il ristoratore, a seguito della richiesta del cliente di una determinata pietanza, rifiuti di consegnare l’aliud pro alio, ma non incide sul perfezionamento della fattispecie del tentativo, che si consuma con la mancata indicazione nel menu della qualità degli alimenti surgelati o congelati". """

Fonte sentenze-cassazione.com :

http://www.sentenze-cassazione.com/frode-alimentare-cibo-congelato-ristorante-tentativo/

Per leggere la motivazione della sentenza, cliccare al seguente link:

http://www.sentenze-cassazione.com/sentenze-cassazione-2013/sentenza-frode-alimentare-cibo-congelato-ristorante/
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