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sabato 18 agosto 2012

L'avvocato penalista, quando svolge le indagini difensive, è pubblico ufficiale.

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Avvocato penalista, pubblico ufficiale, indagini difensive. 
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L'avvocato penalista, quando svolge le indagini difensive, è pubblico ufficiale.  
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Qualifica soggettiva dell’avvocato che svolge indagini difensive Cassazione penale , SS.UU., sentenza 28.09.2006 n°. 32009.
 
Nello svolgimento dell’attività di documentazione delle informazioni assunte nell’ambito delle indagini difensive l’avvocato riveste la qualità di pubblico ufficiale oppure quella di esercente un servizio di pubblica necessità?

di Dario Colasanti
 

Qualifica soggettiva dell’avvocato che svolge indagini difensive
 
( Cassazione, Sezioni Unite Penali n°. 32009 del 27 giugno 2006 28 settembre 2006 )
 
Il quesito:
 
Nello svolgimento dell’attività di documentazione delle informazioni assunte nell’ambito delle indagini difensive l’avvocato riveste la qualità di pubblico ufficiale oppure quella di esercente un servizio di pubblica necessità?



Il caso

L’avvocato di un indagato colto dalla polizia in flagranza del reato di spaccio di sostanze stupefacenti, nello svolgimento delle indagini difensive, assumeva informazioni dall’acquirente della droga, verbalizzando solo ed esclusivamente quelle favorevoli al cliente ed omettendo le altre.
In particolare dal documento da lui redatto risultava l’affermazione che il suo cliente non aveva materialmente venduto la droga, pur avendo accompagnato lo spacciatore, ma non quella che egli sia era comportato come complice dell’altro e, una volta ammanettato dalla polizia vicino all’acquirente, lo aveva esortato a sbarazzarsi della “roba”.
 
A seguito dell’accertata infedeltà del verbale, l’avvocato è stato tratto a giudizio e condannato per il reato di falso ideologico in atto pubblico ex art. 479 c.p. e per il reato di favoreggiamento personale ex art. 378 c.p.
 
Le difese dell’avvocato, che dopo le condanne di merito ha proposto ricorso per Cassazione, si sono incentrate innanzitutto sulla liceità del proprio comportamento, in quanto il difensore, vincolato a perseguire l’interesse del proprio cliente ex art. 327 bis c.p.p., avrebbe la facoltà di omettere quanto è a questo sfavorevole.
 
In subordine è stata contestata la qualifica soggettiva di pubblico ufficiale necessaria per integrare il reato ex art. 479 c.p., data la specifica qualifica dell’avvocato come esercente un servizio di pubblica necessità ex art. 359 n. 1 c.p., l’incompatibilità della pubblica funzione con il perseguimento di un interesse privato e con l’esenzione dall’obbligo di denuncia ex art. 334 bis c.p.p., e le notevoli differenze tra l’attività del PM, indubbiamente pubblico ufficiale, e quella investigativa del difensore, che dovrebbero condurre ad escludere ogni parallelismo.

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Avvocato penalista, pubblico ufficiale, indagini difensive.
 

 
 
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La normativa.

Art. 357 c.p.: Nozione del pubblico ufficiale.

Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro I quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.

Art. 359 c.p.:
Persone esercenti un servizio di pubblica necessità.


Agli effetti della legge penali sono persone che esercitano un servizio di pubblica necessità:

1) i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell’opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi; …

Art. 479 c.p.:
Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.
 
Il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell’art. 476 c.p.
(reclusione da 1 a 6 anni).

Art. 481 c.p.: Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità. 

 Chiunque, nell’esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa da 51 a 516 €. 

Art. 327 bis c.p.p.:

Attività investigativa del difensore.

Fin dal momento dell’incarico professionale, risultante da atto scritto, il difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, nelle forme e per le finalità stabilite nel titolo VI bis del presente libro …
 
Art. 391 ter c.p.p.:

Documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni.

La dichiarazione di cui al comma 2° dell’art. 391 bis (informazioni assunte dal difensore), sottoscritta dal dichiarante è autenticata dal difensore …
Le informazioni di cui al 2° comma dell’art. 391 bis sono documentate dal difensore …

Inquadramento della problematica.

In questa interessante sentenza la Corte risponde a due quesiti collegati:
1) Nello svolgimento dell’attività di documentazione delle informazioni assunte nell’ambito delle indagini difensive ex artt. 391 bis e ss. c.p.p., l’avvocato riveste la qualità di pubblico ufficiale ex art. 357 c.p. oppure quella di esercente un servizio di pubblica necessità ex art. 359 c.p.?
2) L’eventuale falso ideologico del verbale redatto in questa sede rileva come reato ai sensi dell’art. 479 c.p. oppure dell’assai meno rigoroso art. 481 c.p.?

La soluzione accolta dalla suprema Corte.

Investite della questione relativa alla qualifica soggettiva dell’avvocato, ritenuta di particolare rilevanza pur in assenza di contrasto giurisprudenziale, le Sezioni unite hanno concordato con i giudici di merito, sostenendo che il difensore, nello svolgimento dell’attività di documentazione delle indagini da egli stesso svolte, assume la veste di pubblico ufficiale ai sensi dell’art. 357 c.p., con la conseguente applicabilità del relativo statuto penalistico, tra cui l’art. 479 c.p.
 
a) Parallelismo con l’attività del PM.

La qualificazione accennata si fonda innanzitutto sulla constatazione dell’affinità tra l’attività di indagine del PM e quella che la l. 397/2000 ha attribuito ai poteri del difensore.
 
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Avvocato penalista, pubblico ufficiale, indagini difensive.
 

 
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Analogie.  

Il più evidente elemento di vicinanza è dato dal regime di utilizzabilità del verbale con cui il difensore ha assunto informazioni da chi appariva informato sui fatti ex art. 391 bis e ss. c.p.p. Infatti l’art. 391 decies c.p.p. ne sancisce l’utilizzabilità ai sensi degli artt. 500/512/513 c.p.p., prevedendone praticamente la stessa efficacia dell’omologo verbale redatto dal PM.
 
Cosicché se quest’ultimo deve essere definito atto pubblico, allora la medesima natura deve essere riconosciuta al verbale del difensore.

Considerazioni analoghe devono essere effettuate per quanto riguarda le modalità di documentazione dell’attività del difensore. L’art. 391 ter c.p.p. stabilisce che il difensore ha l’onere di autenticare la provenienza della dichiarazione, richiamando così i poteri tipici del pubblico ufficiale. Inoltre, tale disposizione richiama gli artt. 134 e ss. c.p.p., in quanto applicabili.

In particolare l’avvocato, così come il PM, ha l’obbligo di redigere il verbale secondo verità e completezza. Ciò deriva dal richiamo dell’art. 136 c.p.p., dai vari avvisi cui l’avvocato è tenuto per garantire la genuinità della dichiarazione, dalla sospensione del verbale ex art. 391 bis, comma 9° c.p.p. quando la dichiarazione appaia autoindiziante, dalla previsione del reato ex art. 371 ter c.p. in caso di falsa dichiarazione di colui che rende informazioni all’avvocato.
 
Divergenze.

La Cassazione non nasconde l’esistenza di differenze tra la disciplina relativa al PM e quella propria della difesa. In particolare, l’art. 391 octies c.p.p. attribuisce al difensore la possibilità di non verbalizzare le informazioni assunte in un colloquio informale, oppure di non produrre in giudizio il verbale contenente dichiarazioni sfavorevoli al cliente.
 
Tali espresse facoltà, che però non si spingono fino alla distruzione del verbale, per quanto incrinino il parallelismo tra difensore e PM, non escludono in radice che il difensore possa assumere la qualità di pubblico ufficiale, ma semplicemente possono ripercuotersi sulla punibilità della falsità realizzata.

Infatti, il falso ideologico, pur se istantaneo, non sarebbe destinato a rilevare fino a quando l’atto rimane nella facoltà di disposizione del difensore. Fino a tale momento vi sarebbe una sorta di causa di non punibilità. 
        
b) Concezione oggettiva della pubblica funzione.

Il Supremo Collegio rafforza la propria decisione, ricordando come la modifica del 1990 abbia fatto sì che la definizione di pubblico ufficiale contenuta nell’art. 357 c.p. abbia carattere esclusivamente oggettivo.
 
In altri termini si prescinde totalmente dalla necessità di un rapporto di dipendenza da un ente pubblico, quanto invece il presupposto per la qualifica pubblica (pubblica funzione o servizio) è esclusivamente quello che l’attività svolta sia disciplinata da norme di diritto pubblico. Le Sezioni unite, nella sentenza in questione, per delineare tale categoria si accontentano della riconducibilità della normativa a finalità di interesse pubblico.
 
In particolare non vi sono problemi per individuare la pubblica funzione giudiziaria, date le evidenti connotazioni intrinseche. Ciò sarebbe palese per l’attività del difensore che è riconducibile alla formazione della prova per il giudizio.
 
La natura pubblica dell’attività non è esclusa dal fatto che tali verbali non costituiscono atti fidefacenti, che fanno piena prova di quanto attestato, in quanto la nozione penale di atto pubblico comprende anche meri atti di attestazione aventi attitudine ad assumere rilevanza giuridica. Ciò si può ripercuotere solo sulla insussistenza dell’aggravante ex art. 476, comma 2° c.p.

La qualifica pubblicistica del difensore non può essere contestata sulla base dell’art. 359 c.p., che attribuisce all’avvocato la diversa qualifica di esercente un servizio di pubblica necessità.
Infatti, qualora all’esercente di un servizio di pubblica necessità sia attribuito il potere di svolgere una pubblica funzione, con riferimento agli atti ad essa riferibili, egli acquisisce la qualità di pubblico ufficiale, in quanto la nuova dimensione oggettiva dell’art. 357 c.p. è destinata a prevalere sul carattere soggettivo dell’art. 359 c.p.

c) Ulteriori appigli normativi.

Infine la Cassazione rafforza le proprie conclusioni attraverso il riferimento a due precisi indici di diritto positivo.

Convergenza della tutela penale.

Innanzitutto la tutela penale apprestata per la falsità nelle dichiarazioni verbalizzate dal difensore ex art. 371 ter c.p. è praticamente corrispondente a quella apprestata per il PM (art. 371 bis c.p.). Ciò conferma come la finalità dell’incriminazione sia quella di tutelare l’amministrazione della giustizia, di cui l’avvocato è dipinto come organo. A ciò non osta il diritto della persona informata di non rispondere al difensore, in quanto costui può ottenere le dichiarazioni dinnanzi al PM o con incidente probatorio.

Eccezionalità dell’esonero dall’obbligo di denuncia.

Inoltre l’art. 334 bis c.p.p., che prevede l’esonero del difensore dall’obbligo di denuncia dei reati di cui è venuto a conoscenza nello svolgimento delle attività difensive, appare come una dispensa eccezionale che, invece di negare la qualità di PU, la conferma.

Commento di approfondimento


a) Giurisprudenza
.

Sulla questione specifica non risultano precedenti nella giurisprudenza di legittimità.
In generale la Cassazione aveva affermato che il difensore dell’imputato non esercita una pubblica funzione, perché egli, nel procedimento penale, è portatore esclusivamente degli interessi di una parte privata, della quale è un ausiliario tecnico. L’indispensabilità della sua presenza nel procedimento e la somma dei poteri, sempre più estesi, che il diritto processuale gli riconosce, rispondono indubbiamente ad esigenze pubbliche, e per questo il legislatore ha annoverato il difensore nella categoria degli esercenti un servizio di pubblica necessità” (Cass. 6513 del 1972).

b) Dottrina.

La scienza giuridica ha invece già affrontato l’argomento, negando per lo più la qualifica di pubblico ufficiale da parte del difensore impegnato nell’attività difensiva (vedi per tutti Insolera, “L’innaffiatore innaffiato, ovvero la tutela penale delle indagini difensive”, in Diritto penale e processo 2001, 11, 1417; nonché Grifantini, “Tutti i nodi vengono al pettine: l’incognita del difensore-istruttore tra miti e realtà”, in Cassazione penale 2004, 1, 395).
 
Alla base della posizione dottrinale vi è la valorizzazione delle differenze nella disciplina delle indagini del PM e del difensore; l’affermazione che non può trattarsi di pubblica funzione ai sensi dell’art. 357 c.p. se l’atto del privato, pur collegato ad interessi pubblici, non sia riferibile ad un soggetto pubblico; la constatazione che l’art. 371 bis c.p. non ha come oggetto giuridico la tutela dell’andamento della giustizia ma, ben diversamente, la tutela del difensore da sviamenti nelle proprie indagini; il rilievo che l’eccezione all’obbligo di denuncia ex art. 334 bis c.p.p. è stata introdotta a conferma dell’esclusione della qualifica soggettiva pubblica del difensore e non può essere utilizzata paradossalmente in senso contrario.
 
Inoltre viene evidenziata la contraddittorietà della soluzione prospettata dalla Corte circa la punibilità del falso solo a seguito dell’uso del documento con l’asserita natura di atto pubblico del verbale delle indagini difensive (così Frigo, “Auspicabile un intervento legislativo per chiarire la natura del penalista”, in Guida al diritto 2006, 41, 50).
 
Si ritiene che le convincenti argomentazioni dottrinali accennate siano oramai precluse dalla sentenza delle Sezioni unite in commento, prematuramente intervenute senza una previa approfondita riflessione in sede giurisprudenziale.

Tale netto rifiuto si deve probabilmente all’esigenza di responsabilizzare il difensore nello svolgimento di un compito così importante, quale l’istruzione di un processo, data l’irrisorietà della fattispecie ex art. 481 c.p., altrimenti applicabile.
a) Altri reati del pubblico ufficiale.

L’attribuzione della qualifica di pubblico ufficiale all’avvocato impegnato nelle indagini difensive implica l’integrale applicazione al professionista dello statuto del pubblico ufficiale, con conseguente configurabilità, oltre che i reati ex artt. 476/477/478/479/480 c.p., ad esempio anche dell’abuso d’ufficio ex art. 323 c.p. o della corruzione in atti giudiziari ex artt. 319 ter c.p., sia riguardo alla verbalizzazione dell’assunzione di informazioni, sia riguardo alla documentazione di qualsiasi altra attività di indagine.
 
Parte della dottrina (Frigo, cit.) nota che ciò riguarda solo l’attività di documentazione e non si estende all’atto di indagine in sé, con riferimento al quale l’avvocato mantiene la qualifica ex art. 359 c.p.
 
b) Quid dei verbali non prodotti?

La pronuncia delle Sezioni unite pare affermare l’obbligo dell’avvocato di conservare i verbali di indagine, pur qualora decida di non produrli in giudizio. Contro tale conclusione, a favore della distruzione vedi Grifantini (cit.), che addirittura sostiene l’esistenza di un obbligo in tale senso alla luce della disciplina sulla privacy.
 
c) Rilevanza penale della falsa autenticazione di firma del cliente.

La sentenza delle Sezioni unite può avere ripercussioni sulla questione in parte analoga della responsabilità dell’avvocato per falsa autenticazione della firma sul cliente.
 
Di recente la sentenza della Cassazione n. 22496 del 2005 ha sostenuto l’applicabilità del reato ex art. 481 c.p., ritenendo che l’art. 359 c.p. qualifica l’avvocato come esercente un servizio di pubblica necessità per tutti gli atti da lui compiuti.

Di conseguenza non potrebbe mai essere qualificato come pubblico ufficiale, in quanto non svolge una pubblica funzione (dato il perseguimento di un interesse privato). Queste conclusioni sembrano ora cozzare apertamente con quanto affermato dalle Sezioni unite.
 
Nonostante il riconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale viene escluso il falso ideologico in atto pubblico da alcune sentenza tra cui di recente la n. 3135 del 2003. Secondo tale orientamento l’autentica di firma non implica l’attestazione di fatti avvenuti alla presenza del pubblico ufficiale. Di conseguenza si deve negare la configurabilità del reato ex art. 479 c.p. per mancata integrazione del fatto tipico, prospettando il meno grave falso ideologico del pubblico ufficiale in certificato ex art. 480 c.p.
 
Per completezza si deve registrare il preponderante orientamento favorevole all’applicazione dell’art. 479 c.p. con riferimento alla falsa autenticazione della firma da parte del notaio, sul presupposto che una tale attestazione implichi implicitamente l’affermazione della presenza del sottoscrittore al cospetto del pubblico ufficiale.

Opta poi per la natura pubblicistica dell’atto e la relativa qualifica soggettiva di pubblico ufficiale Cass. civ., sez. lav. 6047 del 2003).

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