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martedì 15 maggio 2012

L'avvocato penalista e le indagini difensive.


L'avvocato penalista e le indagini difensive.
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Un contributo alla tematica delle indagini difensive.
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L'avvocato penalista e le indagini difensive.
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La materia delle indagini difensive, com'è noto, è stata regolata in dettaglio dalla legge n°. 397 del 7 dicembre 2000, in ossequio al principio processuale del diritto alla prova o del difendersi provando, di cui agli artt. 290 c.p.p. e 38, disp. att. al c.p.p., la quale ha modificato ed integrato alcuni articoli del codice di procedura penale previgente alla sua entrata in vigore.

Cori di plausi all'innovazione legislativa, che era venuta a colmare un vuoto normativo protraentesi da anni e che avrebbe contribuito ad una migliore attuazione del principio di parità tra accusa e difesa e, più in generale, al miglioramento del sistema della nostra giustizia penale.

L'aspetto, che più di ogni altro mi ha stupito, come uomo, prima ancora che come professionista, e che ha rappresentato una costante nelle risposte date dalla quasi totalità degli intervistati da un diffuso e molto letto quotidiano nazionale, all'indomani dell'entrata in vigore della nuova legge, è stato il fatto che, con altrettanta coralità ed uniformità, le opinioni richieste, ad alcuni tra i più rinomati e noti penalisti nostrani in merito alla novella legislativa, si sono incentrate esclusivamente sui maggiori costi della difesa penale che la nuova legge avrebbe imposto agli indagati ed alle altre parti private del processo penale italiano, i quali avrebbero fatto lievitare, dal 40 al 60 %, gli oneri economici delle parcelle, già di per sè alte, le quali, per i vari casi nazionali da ognuno di essi citati, a titolo di esempio, nelle risposte date, erano allora di qualche centinaio di milioni di Lire (al tempo ancora avevamo la nostra amata Lira ...).

Si veda, per tutti, il quotidiano La Repubblica, edizione del 13 gennaio 2001, pagina 13.

 Nessuno dei professionisti intervistati ha espresso un commento, una nota, un apprezzamento, una critica od una sola parola sui contenuti e sulle lacune della nuova normativa.
Nessuno ne ha evidenziato le enormi potenzialità defensionali ed i gravi limiti obiettivi, che pure la costellano, dovuti al motivo che andava fatta "meglio" e più organicamente.
Nessuno si è posto il problema, imprescindibile, rilevante e serio, dell'essere in grado o adeguatamente competenti, di saperle e, dunque, di poterle svolgere davvero le indagini difensive, atteso che il fatto che una nuova legge ci conferisca e ci consenta una nuova funzione ossia quella di svolgere anche le indagini difensive - che è, insieme, un diritto, un dovere ed una facoltà, poichè non in tutti i casi le indagini difensive sono necessarie od essenziali alla difesa - non per ciò solo e non certo in forza di una norma di legge noi avvocati siamo divenuti idonei o preparati ad indagare.

Già non le sanno fare tanti pubblici ministeri le indagini - che fanno solo questo, da che hanno preso il loro posto nel contesto della magistratura italiana - figuriamoci se sappiamo farle noi ... solo perchè ce lo consente la legge.

Avendo studiato - si suppone - esclusivamente legge, diritto e giustizia, come potremmo pretendere di essere diventati tecnicamente competenti solo per legge (nel senso di solo perchè una nuova legge ci consente di svolgere una nuova funzione) anche in una serie numerosissima di materie scientifiche e spiccatamente tecniche, delle quali, si e no - e forse - conosciamo solo la denominazione, quali, a puro titolo di esempio indicativo, le seguenti:

la criminologia; l'analisi degli elementi di identificazione personale; la identità preventiva; la identità giudiziaria; la dattiloscopia; la fotografia giudiziaria; la fotogrammetria; il riconoscimento dell'immagine; l'individuazione della traccia; il rilievo della traccia; l'analisi della traccia; il sopralluogo giudiziario; l'analisi, l'esame e l'interpretazione della scena del crimine; la criminalistica; le analisi del DNA; la criminalità informatica; la psicologia criminale; la psicologia giudiziaria; la psichiatrica giudiziaria; l'esame e l'analisi degli elementi biologici; la sicurezza; le indagini personali; le tecniche di esame testimoniale; le indagini tecniche; le indagini grafiche; la grafologia; il falso documentale; il falso nummario; le indagini in ambito ambientale; le indagini in ambito patrimoniale; le indagini in ambito bancario; la medicina legale; la tossicologia; la tanatologia forense; le tecniche per le intercettazioni telefoniche; le indagini foniche; le tecniche per le intercettazioni ambientali; le armi e gli esplosivi; le indagini balistiche; le tecniche di prelievo e di analisi dei residui da sparo o da esplosivo; l'arte della deduzione; il pensiero laterale; le analisi investigative; il pensiero investigativo; l'analisi dei casi reali; le investigazioni comparate; le tecniche per la ricerca degli elementi, l'analisi e la costruzione della figura criminale ai fini dell'individuazione del profilo criminale, ecc., ecc., ecc., il tutto sussunto nella troppo sottovalutata definizione di "indagini difensive" ...

Di tutte queste belle ed avvincenti cose - e di tantissime altre, qui non citate solo per non stancare più del necessario i lettori - nulla, nelle interviste rilasciate e qui poco più sopra citate.

Ma di maggiori costi della difesa penale, dal 40 al 60 % in più, sì e tanto.

A distanza di più un lustro da allora, facendo un bilancio, si nota che non è cambiato nulla.

Sono d'accordo, meno che in un punto,  con l'Avv. Ettore Randazzo circa il fatto che la legge n°. 397 del 2000, così com'è, debba essere modificata ed integrata in più parti, tra cui e prima fra tutte - ed è in ciò che la mia modesta opinione differisce dalla sua - in quella sua parte dove non è ancora prevista una norma chiara ed inequivocabile che conferisca ai difensori, di tutte le parti private del processo penale italiano (difensore dell'indagato, della parte offesa, del responsabile civile, ecc.), i medesimi diritti e gli stessi poteri di indagare conferiti del pubblico ministero dal codice di procedura penale e dalle altre nostre leggi e che ponga i difensori delle parti private del processo penale nella medesima condizione di rapportualità col giudice per le indagini preliminari prevista per il pubblico ministero, in modo tale che il giudice per le indagini preliminari dovrà essere terzo, equidistante e garante della legalità e, non da meno, nel caso, della verità e della giustizia, tanto nei confronti della pubblica accusa, quanto nei riguardi dei difensori di ognuna delle altre parti processuali.

Perchè, tra le tante deficienze di cui la legge n°. 397 del 2000 si costella, vi è non tanto e non solo il caso del documento da acquisire, citato dall'Avv. Ettore Randazzo, quanto il ben più grave caso della richiesta o dell'invito da parte del difensore di audizione di uno o più testimoni, il rifiuto dei quali ad essere sentiti od escussi dal difensore, dal suo sostituto o dal suo investigatore privato abilitato allo svolgimento delle indagini in materia penale, non fa scaturire alcuna sanzione a carico dei testimoni; mentre, se lo stesso o gli stessi testimoni si rifiutano di essere sentiti od escussi dal pubblico ministero ovvero anche soltanto di presentarsi nel suo ufficio o presso gli uffici dei suoi vari ausiliari di polizia giudiziaria, per essere escussi o sentiti, incorrono, a seconda dei casi, o nella violazione dell'art. 650 del codice penale o nelle altre ipotesi di reato previste.

Sul numero 210 di Italia Oggi del 2 settembre 2004, a pagina 31, è stato pubblicato un articolo - inchiesta, dal titolo Indagini legali al restyling, Il parere degli operatori del settore dopo tre anni di riforma. A frenare sono i costi e la diffidenza dei togati.

L'autrice evidenziava come le indagini difensive, dopo 3 anni e 8 mesi dall'entrata in vigore della legge n°. 397 del 2000, fossero sottostimate o troppo costose, nonchè poco utilizzate e viste con sospetto dai magistrati, ma spesso anche dagli stessi avvocati, soggiungendo che, per le indagini difensive, il nuovo strumento entrato in vigore il 1°gennaio del 2001, sembrava giunto il momento, già da allora, di un accurato restyling.

E citava l'allora recente ed innovativa sentenza del Tribunale di Torino, la quale, a sommesso avviso di chi scrive, ben si collocava (e si colloca) nell'ordine delle giuste idee più sopra evidenziate, poichè, personalmente, non mi sono mai sentito preoccupato per le paventate conseguenze penali che ne potrebbero derivare, in quanto la qualificazione di pubblico ufficiale dell'avvocato, nel momento in cui svolge le indagini difensive, è riuscita a colmare un'altra grave lacuna normativa che ci portavamo dietro da decenni, non potendosi certo negare che, se anche l'avvocato svolga la sua professione in ambito privato e nelle più complete autonomia ed indipendenza, ciò non di meno, tutta la sua attività professionale partecipa in modo determinante, imprescindibile e, spesso, molto incisivo, all'opera ed all'attività di amministrazione della giustizia, che, com'è pure noto, è una funzione pubblica.

E, poi, perché darsi tanta pena, se aumentano le responsabilità connesse alla nuova funzione?

Con esse aumentano anche gli onori e si raffinano i doveri per esserne degni e, dal tutto, non può che scaturire un diverso, nuovo e migliore impegno di ognuno per la giustizia.

Non sono forse gli avvocati una delle due sole categorie (l'altra è quella dei consulenti tecnici), il cui compenso, all'interno del sistema giustizia, si chiama onorario (che deriva da onore e che è un aspetto su cui si riflette poco, se non quasi mai)?

Ciò posto, la giustifica del non funzionamento delle indagini difensive per le ragioni esposte in detto articolo, mi ha ricordato l'aneddoto di chi voleva cambiare la sua automobile, senza averla mai usata o voluta usare, ma solo per la sua convinzione che non andava bene.

Che la legge vada modificata ed integrata è un dato obiettivo e che non può certo disconoscersi.

Ma le sue lacune, come i freni od i sospetti sul suo buon uso, non costituiscono una buona ragione per non usarla del tutto, poichè la vera professionalità è solo quella di chi riesce a realizzare delle opere stupende, nonostante abbia a sua disposizione dei mezzi inadeguati.

Ed in ciò mi trova d'accordo e mi conforta non poco l'Avv. Spigarelli, laddove asserisce di quella attività quotidiana che ognuno di noi svolge, senza grossi costi aggiuntivi, per andare alla ricerca di prove utili a difendere il proprio assistito, poichè non tutti i casi giudiziari sono uguali tra loro od impongono identici oneri economici e vi sono tanti casi in cui, senza alcuna attività investigativa e, per ciò, senza alcun onere economico aggiuntivo "gravoso", si definiscono bene per il proprio assistito, come quel certo caso di tentato omicidio aggravato (poco od affatto noto in campo nazionale), in cui le sole prove d'accusa, all'esito del vaglio dibattimentale, hanno portato all'assoluzione.

L'Avv. Buccico, a propria volta, ha incentrato la sua analisi sull'asserto che sarebbero rari gli studi legali in grado di dotarsi dei migliori collaboratori per svolgere indagini a prova di giudizio e che solo con una altissima professionalità può vincersi la diffidenza della magistratura verso le indagini difensive.

Ed io mi chiedo e gli chiedo: perchè la magistratura avrebbe il o dovrebbe sentirsi in diritto di nutrire diffidenza nei confronti di chi, come essa, se non più di essa - attese le enormi differenze in punto di responsabilità e di rischi a cui è esposta l'avvocatura, rispetto alla magistratura - è preposto per legge alla amministrazione della giustizia e quale norma le conferirebbe un siffatto diritto di pre-giudizio?

E, visti i prezzi o costi indicati dai vari intervistati, a quei prezzi ed a quei costi, quale studio non potrebbe permettersi i migliori collaboratori?

Ma si tratta solo di poterseli permettere oppure di essere in grado di verificarne scientificamente l'operato, avendo acquisito la necessaria preparazione tecnica specifica, oltre che di dirigerne l'azione investigativa, che è del difensore e non dei collaboratori che si sceglie?

Ed all'Avv. Papa chiedo: chi o quale norma ha conferito all'autorità giudiziaria il potere di supportare l'autorità del difensore, da cui occorre che sia espropriata?

Dissento, infine, sentitamente e con convinzione, dalla posizione del Dott. Filippo Paone - certo non per sciocca o vana polemica, ma solo per l'alto senso della dignità della categoria cui appartengo che, personalmente, ho da sempre - circa la necessità di dover "riflettere tutti insieme su quali debbano essere le regole deontologiche da seguire", poichè ritengo che, se regole deontologiche l'avvocatura avrebbe dovuto darsi, anche per regolare la sua azione nell'ambito delle indagini difensive, questo era, è e rimane un fatto che riguardava solo l'avvocatura e non certo la magistratura.

Forse sarà sfuggito al Dott. Filippo Paone il fatto che già 36 mesi prima della necessità da lui espressa l'avvocatura si era data un codice deontologico, anche per regolare questa sua nuova funzione e lo aveva fatto dopo sei mesi e mezzo dall'entrata in vigore della legge n°. 397 del 7 dicembre 2000, ossia il 14 luglio del 2001.

La magistratura, se lo riteneva e/o se lo riterrà - poiché, salvo sviste culturali od informative di chi scrive, pare che non vi abbia ancora provveduto - poteva e potrà occuparsi della propria etica, circa la quale non mi pare che nessun avvocato abbia mai pensato di ingerirsi.

Ed è davvero singolare - tanto per usare un termine "neutro", diciamo pure così - che ci si preoccupi, nel 2004, dell'etica altrui, pur avendo operato per tanti anni senza essersi auto dotati di alcuna regola etica propria, se è vera, come è vera, la necessità di dotare i nostri giudici di un Codice Deontologico, espressa dal Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, nonché Presidente della Repubblica, il 24 novembre 2011, per come si evince dal seguente link:

http://www.leggioggi.it/2011/11/24/csm-un-codice-deontologico-per-i-magistrati/ .

Peraltro, poi, tra i compiti affidati alla magistratura dal nostro ordinamento giuridico non rientra il munus docendi nei confronti dell'avvocatura, e l'etica professionale, come la moralità o la buona educazione, non sono assodate, né date per scontate per nessuno, necessitando di costanti denotazioni, conferme e riscontrabilità, effettive e quotidiane.

Da ultimo - ma non da meno - nessuna norma etica, già esistente o novellata, ha mai aggiunto o tolto nulla ad una adeguata, buona ed elementare educazione e, soprattutto, ad una buona coscienza, la quale ultima costituirà, ogni volta, l'unità di misura a cui rapportare concretamente le azioni che le ripugnano rispetto a quelle che, invece, la gratificano.   
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L'avvocato penalista e le indagini difensive.
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