Avvocato penalista - Il delitto di Atti persecutori (o stalking), di cui all'art. 612 bis del Codice Penale.
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Avvocato penalista - Il delitto di Atti persecutori (o stalking), di cui all'art. 612 bis del Codice Penale. |
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Cenni introduttivi.
Il decreto legge 23 febbraio 2009, n°. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonchè in tema di atti persecutori, convertito, con modificazioni e correzioni, nella Legge 23 aprile 2009, n°. 38, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n°. 95 del 24 aprile 2009, ha introdotto nel nostro ordinamento, una "nuova" fattispecie delittuosa, collocata nel corpo del Codice Penale vigente, all'art. 612 bis, per mezzo della quale il legislatore si è proposto di far cessare o, quanto meno, di limitare significativamente le condotte di natura criminale e le correlative pericolose azioni di illegittima e, non da meno, di arbitraria intrusione od interferenza nella vita altrui, soprattutto nei confronti delle donne.
Anche in questo caso, purtroppo, la scelta di intervento legislativo è stata fortemente indotta e determinata dalla esigenza di cercare di fronteggiare e arginare un fenomeno manifestatosi preponderantemente attraverso i fatti di cronaca, oltre che di uniformare la nostra legislazione interna a quella di vari altri Paesi civili, europei ed extraeuropei.
Dunque, ancora una volta, una legge dell'emergenza e non adeguatamente o sufficientemente ideata, pensata, studiata ed elaborata, con la e nella compiuta considerazione di tutti i possibili elementi di analisi e di tutti gli effetti finali, che ogni progetto di intervento normativo deve esaminare, studiare e valutare bene sempre, se vuole essere efficace e risolutivo, ma una normativa suggerita od imposta dall'incalzare di un nuovo fenomeno delittuoso, a cui si è pensato di dare una soluzione frettolosa e subitanea, che placasse l'allarme sociale, senza considerare le inevitabili ricadute negative, in punto di efficacia e di qualità, che una legge siffatta avrebbe avuto.
Nessuno può dire quale efficacia incisiva avrà sul fenomeno che ha voluto regolare, reprimere e arginare, in quanto ciò si potrà verificare solo col tempo e con l'analisi del fenomeno dopo le prime applicazioni giudiziali.
Dunque, ancora una volta, una legge dell'emergenza e non adeguatamente o sufficientemente ideata, pensata, studiata ed elaborata, con la e nella compiuta considerazione di tutti i possibili elementi di analisi e di tutti gli effetti finali, che ogni progetto di intervento normativo deve esaminare, studiare e valutare bene sempre, se vuole essere efficace e risolutivo, ma una normativa suggerita od imposta dall'incalzare di un nuovo fenomeno delittuoso, a cui si è pensato di dare una soluzione frettolosa e subitanea, che placasse l'allarme sociale, senza considerare le inevitabili ricadute negative, in punto di efficacia e di qualità, che una legge siffatta avrebbe avuto.
Nessuno può dire quale efficacia incisiva avrà sul fenomeno che ha voluto regolare, reprimere e arginare, in quanto ciò si potrà verificare solo col tempo e con l'analisi del fenomeno dopo le prime applicazioni giudiziali.
Ma che, anche nella creazione di questa nuova figura di reato ci si sia mossi con la nota frettolosità che connota tutti i nostrani interventi legislativi cosiddetti dell'emergenza, lo si evince pure da vari altri elementi, tra cui spiccano i seguenti:
a)-- il testo della norma; b)-- il titolo di reato assegnatole; c)-- la collocazione nell'ambito del Codice.
a)-- Come meglio si dirà nel prosieguo, per ora, qui si osserva che, dato il testo della norma, che recita così: " Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.", è evidente come essa non copra compiutamente né il fenomeno, né i molteplici suoi effetti, per come emersi, sia dai singoli casi verificatisi, sia dagli studi criminologici che hanno preceduto l'attività di normazione; né, infine, da rilievo alla condotta delittuosa, definendola, ma solo ai danni patibili dalla vittima, incerti e difficili da provare.
b)-- Intitolare con "Atti persecutori" un insieme svariatissimo di azioni delittuose protese o idonee a creare sulla vittima uno o più degli eventi tassativamente previsti dalla norma medesima si rivela poco adeguato e molto generico, attese le specificità, sia del fenomeno, che dei contegni predatori tipici del soggetto agente.
Se le parole della nostra lingua hanno ancora un senso preciso, "perseguitare" qualcuno significa ben altra cosa rispetto al riservargli una serie di azioni di violenza privata, morale ed, a volte, purtroppo, anche fisica o fisio-psichica.
(Anzi, a tale ultimo proposito, attesa l'infinita casistica di "Atti persecutori" o di " Azioni persecutorie", che si registrano ogni giorno in svariati ambiti della società civile, non sarebbe male che si iniziasse a pensare ad una certa qual considerazione seria di questi altrettanto gravi fenomeni, creando delle specifiche figure di reato).
Forse sarebbe stato preferibile un diverso titolo di reato, che rispecchiasse a pieno la tipicità delle condotte criminali attraverso cui la specifica ipotesi delittuosa, che si intendeva regolare e punire, si può manifestare, in modo da evidenziarne la sua più intima natura di azione a carattere spiccatamente predatorio ed inumano, ed, al tempo stesso, che si fossero precisate le condotte punibili, secondo gli elementari principi della tassatività e determinatezza, che da sempre sono alla base della correttezza formulativa di ogni norma di natura penale, piuttosto che lasciare indeterminate queste ultime e nella vaghezza gli eventi in astratto patibili dalla vittima.
(Anzi, a tale ultimo proposito, attesa l'infinita casistica di "Atti persecutori" o di " Azioni persecutorie", che si registrano ogni giorno in svariati ambiti della società civile, non sarebbe male che si iniziasse a pensare ad una certa qual considerazione seria di questi altrettanto gravi fenomeni, creando delle specifiche figure di reato).
Forse sarebbe stato preferibile un diverso titolo di reato, che rispecchiasse a pieno la tipicità delle condotte criminali attraverso cui la specifica ipotesi delittuosa, che si intendeva regolare e punire, si può manifestare, in modo da evidenziarne la sua più intima natura di azione a carattere spiccatamente predatorio ed inumano, ed, al tempo stesso, che si fossero precisate le condotte punibili, secondo gli elementari principi della tassatività e determinatezza, che da sempre sono alla base della correttezza formulativa di ogni norma di natura penale, piuttosto che lasciare indeterminate queste ultime e nella vaghezza gli eventi in astratto patibili dalla vittima.
c)-- Collocare la nuova figura di reato (che è un delitto di una certa rilevanza) all'art. 612 bis c.p. e, dunque, subito dopo l'art. 612 c.p., dedicato alla Minaccia (che è un delitto di non eguale o similare gravità), sebbene all'interno della medesima Sezione III, dedicata ai Delitti contro la libertà morale, a modesto parere di chi scrive, è stato un errore di ordine sistematico, poichè sarebbe stato più corretto collocarla subito dopo l'art. 610 c.p. (dedicato alla Violenza privata), con cui la nuova norma ha tanto in comune, con un apposito art. 610 bis c.p., così da rappresentarne sia la sintonia sistematica, che la sua specificità di norma destinata alla previsione e punizione di una particolare forma di violenza, rispetto a quella ordinaria, prevista e punita dal precedente e più generico o generale art. 610 c.p.
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