http://www.avvocato-penalista-cirolla.blogspot.com/google4dd38cced8fb75ed.html Avvocato penalista ...: giugno 2011

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giovedì 16 giugno 2011

L'avvocato penalista a fronte degli errori o degli abusi del pubblico ministero.

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Da alcune notizie di cronaca gli spunti per una seria riflessione.
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Da alcune recenti notizie di cronaca, apparse su diversi mezzi di comunicazione, sia tradizionali che multimediali e/od internautici, si è appurato di un nuovo fenomeno criminale, che ha interessato più località distinte (Frosinone, una o più località della Puglia, una o più località della Campania, Cosenza, ecc.), di cui si stanno occupando le Procure della Repubblica rispettivamente competenti per territorio e nel quale, secondo le notizie datene, sarebbero coinvolti anche alcuni insospettabili professionisti, che avrebbero partecipato a vario titolo e responsabilità, alla ideazione, alla organizzazione, alla partecipazione o, più semplicemente, alla collaborazione, al fiancheggiamento od al favoreggiamento delle azioni delittuose.
I reati ipotizzati a carico degli indagati, sempre secondo le notizie dei vari giornali, che, nel darle, si sono riferiti alle ordinanze di custodia cautelare notificate agli interessati (dando ad intendere così che le abbiano quanto meno visionate), sono quello di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e/o alla truffa, la truffa, la falsità in atti, l’uso di atto falso ed, in uno o due dei diversi casi assurti agli onori della cronaca, anche l’evasione fiscale. Gli interessati avrebbero ideato, inoltre, un perfetto sistema di reperimento di falsi testimoni.
Secondo l’accusa gli interessati e gli insospettabili professionisti (avvocati, medici, medici legali, periti, ecc.) avrebbero dato vita e/o partecipato ad una associazione a delinquere che organizzava falsi incidenti stradali finalizzati a truffare le compagnie assicurative. Gli avvocati, in particolare, si sarebbero occupati di creare prove e testimonianze false per far ottenere ai loro difesi i risarcimenti da loro pretesi per i finti incidenti stradali; mentre i medici od i medici legali si sarebbero (o sarebbero stati) incaricati di “gonfiare” gli indici dei postumi invalidanti delle patologie o dei danni alle persone presunte danneggiate, variamente e presuntamente, appunto, conseguiti al verificarsi dei falsi sinistri stradali, in cui gli interessati  avrebbero riportato lesioni di diversa natura e tipologia.
Secondo quanto riferito dagli inquirenti (per come testualmente riportato dai giornali), nel corso degli arresti e delle contestuali operazioni di perquisizione, che in questi casi usualmente vengono fatte dalle forze dell’ordine incaricate di eseguire l’ordine di custodia cautelare disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari territorialmente competente, sono state trovate nelle disponibilità di alcuni degli indagati, tra l’altro, anche ingentissime somme di denaro in contanti.
Le truffe assicurative perpetrate nelle varie località italiane interessate da queste inchieste, non sono ben viste, né dalle compagnie assicuratrici, né dai cittadini, né dalle Procure della Repubblica, poichè al di là del danno diretto verso le compagnie, c’è anche quello indiretto verso gli automobilisti, che sono poi costretti a pagare le polizze con aumenti fino al 10%.
Questi i fatti di cronaca da cui ha tratto spunto la riflessione che segue e che si partecipa a chi legge, secondo la visione dell’avvocato penalista. Vediamo di riassumere brevemente quali sono i compiti o le funzioni del Pubblico Ministero e dell’ufficio a cui appartiene, la Procura della Repubblica.
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L’ufficio della Procura della Repubblica svolge una serie di attività molto diverse tra loro e sinteticamente descritte dall’art.73 dell’ordinamento giudiziario, che è il testo di legge che disciplina in generale l’organizzazione della magistratura e ne descrive le differenti funzioni.
Trattando del pubblico ministero, cioè dei magistrati che, nel loro complesso, compongono la procura della Repubblica (così come i singoli giudici formano il tribunale, la corte d’appello, ecc.), la norma citata affida al p.m. i seguenti compiti:
1)– La sorveglianza sull’osservanza delle leggi e sulla pronta e regolare amministrazione della giustizia;
2)– La tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci;
3)– La repressione dei reati;
4)– L’esecuzione dei giudicati.
L’art.73 dell’ordinamento giudiziario recita testualmente:
“” Il pubblico ministero veglia alla osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci, 
  richiedendo, nei casi di urgenza, i provvedimenti cautelari che ritiene necessari; promuove la repressione dei reati e l’applicazione delle misure di sicurezza; fa eseguire i giudicati ed ogni altro provvedimento del giudice, nei casi stabiliti dalla legge.”"
Dunque, tra i primi doveri di un pubblico ministero troviamo la “veglia alla osservanza delle leggi” e la veglia “alla pronta e regolare amministrazione della giustizia”.
Il suo dovere di promuovere “la repressione dei reati”, quindi, viene dopo quelli della veglia “alla osservanza delle leggi” e della “pronta e regolare amministrazione della giustizia”.
Il dovere di promuovere la repressione dei reati, a sua volta, si concreta, tra l’altro, nel dovere di esercizio dell’azione penale, che è costituzionalmente previsto dall’art. 112 della Cost.
L’azione penale, infine, si svolge nelle forme per essa prevista dalle disposizioni del codice di procedura penale, le quali stabiliscono se e quando procedere, come procedere e nei confronti di chi procedere, quali atti di indagine e quali non sono validi ai fini di un corretto procedimento penale e come si può o si deve formulare un’imputazione all’esito di essi.
Se ne deve concludere che il p.m., quando svolge un’azione penale è soggetto a più doveri istituzionali su di lui gravanti nel medesimo momento: vegliare all’osservanza della legge (nel caso, poichè ad osservare la legge è chiamato lui stesso, ha il dovere di vegliare su sè stesso e sulla corretta osservanza della legge); tralasciando la “pronta amministrazione della giustizia”, che non c’entra, certamente il p.m. ha anche il dovere di vegliare (sempre su sè stesso) circa la “regolare amministrazione della giustizia”, infine, ha il dovere di formulare il capo di imputazione, conformemente ai dettami del codice di procedura penale e, non da meno, a quelle che sono le risultanze dell’inchiesta penale che lui stesso ha curato e condotto.
A sua volta, anche l’Avvocato, che nella fase preprocessuale ed in quella processuale assume anche il ruolo di Difensore, ha tutta una serie di doveri, per come previsti ed impostigli da un’altra legge ossia il Decreto Ministeriale con cui vengono recepite e normate le regole deontologiche elaborate dal Consiglio Nazionale Forense e formanti il Codice Deontologico, meglio noto come il Codice Deontologico Forense.
Il Codice Deontologico Forense riguarda i principi e la modalità di esercizio dell’Avvocatura, a partire dalla tutela dei diritti e degli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo pienamente all’attuazione dell’ordinamento per i fini della giustizia (così recita testualmente la sua Introduzione).

CODICE DEONTOLOGICO FORENSE

PREAMBOLO

L’avvocato esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza, per tutelare i diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo in tal modo all’attuazione dell’ordinamento per i fini della giustizia.
Nell’esercizio della sua funzione, l’avvocato vigila sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e dell’Ordinamento comunitario; garantisce il diritto alla libertà e sicurezza e l’inviolabilità della difesa; assicura la regolarità del giudizio e del contraddittorio.
Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela di questi valori.
Trasportando questi basilari principi di legge e di diritto al od ai casi narratici dalla cronaca, secondo cui, in uno, due o più di essi, si sarebbe contestata anche la “evasione fiscale”, e prescindendo in questa sede da qualunque riferimento agli altri capi di imputazione (circa i quali sentiamo solo di dire che, se fondate le prospettazioni accusatorie dei distinti p.m., è giusto che i responsabili siano condannati ad una pena adeguata e proporzionata al loro grado di responsabilità delittuosa; mentre, se estranei ai fatti od innocenti, è giusto che siano assolti da ogni addebito penale mosso nei loro confronti e che gli sia restituita l’onorabilità) vediamo di capire se i doveri del p.m. siano stati adempiuti anche nel contestare l’evasione fiscale, se davvero sia stato contestato anche il reato di “evasione fiscale”, in uno o più dei vari casi di cronaca raccontatici da vari nostri media e relativi ai fatti delittuosi sopra citati.
Intanto, va evidenziato preliminarmente che, se contestato anche il delitto di evasione fiscale nei casi in esame, esso avrà potuto riguardare solo le figure dei professionisti coinvolti nelle  distinte vicende, a vario titolo, con esclusione, dunque, di ogni altro coindagato, e questo per la ragione che è logico supporre che solo chi è tenuto per legge ad inserire nella propria dichiarazione dei redditi gli utili percepiti nel corso dell’anno precedente, espletando la sua professione, potrebbe essere il destinatario dello specifico capo di imputazione, in quanto, se  ha partecipato al consorzio criminoso, sicuramente lo avrà fatto per denaro, facendosi corrispondere la propria quota di profitto criminale sotto forma di laute parcelle non dichiarate.
Certamente questo specifico capo di imputazione non avrà potuto riguardare né i falsi danneggiati risarciti, né i falsi testimoni che si sono prestati al gioco criminale degli altri indagati.
Per i finti danneggiati, a parte quanto qui di seguito si dirà, perchè il risarcimento dei danni non è tassabile per legge, neppure quando è reale, figurarsi se può esserlo quando è falso.
Per i falsi testimoni, perchè, non rientrando in nessuna delle due categorie di partecipanti al sodalizio criminoso in esame, possono avere assunto il ruolo di meri coadiuvanti del crimine.

Dunque, prescindendo qui da un’attenta disamina delle varie ipotesi delittuose previste dalla nostra legislazione tributaria e limitando il discorso alla specifica ipotesi di reato che è presumibile sia  stata configurata a carico degli imputati nei casi in questione, vi è da dire che essa non può che identificarsi col reato (la figura classica dell’evasione fiscale),  previsto e punito dall’art. 5 del Dec. Lgs. n°. 74/2000, secondo cui è punito con la reclusione, da un minimo di anni 1 ad un massimo di anni 3, chiunque ometta la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, ma soltanto a se ricorre la condizione (cd. di punibilità), rappresentata dal superamento della soglia pari a £. 150 milioni per ogni singola imposta.
Questa norma, a propria volta trova, la sua giustificazione teleologica nei principi di legge e di diritto del nostro Paese, secondo cui l’Amministrazione Finanziaria dello Stato, in base al suo diritto di imporre le tasse ed i tributi ai propri amministrati, cui corrisponde il dovere di questi ultimi di pagarli, secondo le aliquote di legge ed in rapporto alle proprie possibilità, ha  inoltre il diritto di coartarne la riscossione mediante una serie di strumenti e misure, amministrativi e penali, necessari perchè anche i cittadini più recalcitranti paghino i propri tributi.
Ma tutto il discorso fin qui svolto può avere un suo fondamento ed un suo senso giuridico nel momento in cui si tratta di reddito imponibile, nel senso più squisitamente fiscale del termine, ossia quando il guadagno o l’utile economico soggetto a tassazione ed al dovere di  pagarvi le tasse sia maturato o sorto nel contesto di un’attività economica legittima, ammessa dall’ordinamento giuridico e legittimamente esercitata o svolta dal soggetto preposto alla sua gestione e/o conduzione, sia esso una persona fisica od una persona giuridica.
Solo nella ricorrenza delle condizioni qui da ultimo indicate, può sorgere i diritto alla riscossione del tributo da parte dello Stato, il contestuale dovere di pagare le tasse in capo ai cittadini contribuenti e la possibilità di perseguire questi ultimi per via penale, a seconda del reato che abbia o meno commesso nel caso specifico che lo avrà potuto riguardare.
Quando, invece, come nel caso in esame, le laute fonti di reddito, sia dei professionisti coinvolti, che di ogni altro partecipante al sodalizio criminale, sono il frutto di un’azione criminale (il cd. pretium sceleris) non è alla legislazione tributaria che bisogna richiamarsi, né a quella ordinaria, né tanto meno a quella penale, bensì ad altri istituti giuridici, quali, a puro titolo di esempio, il sequestro penale, la confisca, ecc., perchè i proventi del reato sono illeciti nella stessa misura dell’azione criminale che li ha prodotti e non sono equiparabili ai redditi leciti.
Diversamente ragionando, si arriverà all’assurdo giuridico di imputare e condannare per evasione fiscale, per esempio, il rapinatore che non ha dichiarato nel suo Mod. 740 quanto gli ha fruttato la rapina alla Banca Tal dei Tali; o il mafioso per i proventi annuali della sua linea di racket; od il sequestratore di persone per i miliardi del riscatto; o chi spaccia stupefacenti perchè non dichiara quanto guadagna in un anno o perchè vende senza emettere fattura; o l’usuraio perchè non dichiara gli interessi che percepisce dai suoi usurati e via dicendo.
Il rispetto delle leggi s’impone soprattutto a chi, per legge, è tenuto a farle osservare e rispettare; altrimenti si contribuisce, sia pure inconsapevolemente e nella più perfetta buona fede, a far perdere ulteriormente credibilità ad un sistema giustizia che già in sè è poco credibile parecchio, per tante ragioni diverse.


(Avvocato penalista)

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venerdì 10 giugno 2011

Avvocato penalista - Attenuanti generiche e recidiva.

Avvocato penalista - Attenuanti generiche e recidiva.

E' costituzionalmente illegittimo l'art. 62-bis, comma 2, c.p. nella parte in cui stabilisce che, ai fini della applicazione del primo comma dello stesso articolo, non si possa tenere conto della condotta del reo, susseguente al reato per alcuni reati commessi da recidivi reiterati.
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Avvocato penalista - Attenuanti generiche e recidiva.

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""" Corte Costituzionale, Sentenza 7 giugno 2011 (dep. 10 giugno 2011), n. 183.


Attenuanti generiche e recidivi: costituzionalmente illegittimo l'art. 62-bis, comma 2, c.p. nella parte in cui stabilisce che, ai fini dell’applicazione del primo comma dello stesso articolo, non si possa tenere conto della condotta del reo susseguente al reato per alcuni reati commessi da recidivi reiterati.


REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:

-           Paolo                           MADDALENA                                           Presidente
-           Alfio                            FINOCCHIARO                                         Giudice
-           Alfonso                       QUARANTA                                         "
-           Franco                         GALLO                                                  "
-           Luigi                            MAZZELLA                                          "
-           Gaetano                       SILVESTRI                                           "
-           Sabino                         CASSESE                                              "
-           Giuseppe                     TESAURO                                             "
-           Paolo Maria                 NAPOLITANO                                     "
-           Giuseppe                     FRIGO                                                   "
-           Alessandro                  CRISCUOLO                                        "
-           Paolo                           GROSSI                                                 "
-           Giorgio                        LATTANZI                                            "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 62-bis, secondo comma, del codice penale, come sostituito dall’art. 1, comma 1, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia nel procedimento penale a carico di M.S.R. con ordinanza del 28 aprile 2009, iscritta al n. 174 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2010.
 
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
 
udito nella camera di consiglio del 20 aprile 2011 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi. """

(Leggete il testo integrale della sentenza cliccando sul link che segue):

http://www.penale.it/page.asp?mode=1&IDPag=943 .

Fonte Penale.it .

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Avvocato penalista - Attenuanti generiche e recidiva.

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giovedì 2 giugno 2011

Avvocato penalista - Buongiorno Italia e buon 2 giugno.

Avvocato penalista - Buongiorno Italia e buon 2 giugno.
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Avvocato penalista - Buongiorno Italia e buon 2 giugno.
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Oggi è il tuo giorno, cioè il giorno in cui si celebra il tuo anniversario, ma, secondo me, è anche il giorno del tuo compleanno e, dunque, in questo lieto giorno, ti voglio fare un augurio particolare, come particolare è il momento che tu stai attraversando, non certo da oggi, ma forse da molti o da moltissimi anni a questa parte.

Ma prima voglio dirti e chiederti qualcosa che, credo, nessuno ti ha mai detto o chiesto fino ad oggi, nemmeno quando in tanti ti celebrano o si ricordano di te o dei tuoi anniversari, più per forma o per la loro vanità, che non per autentico e vero sentimento verso di te.

Io non ho più tanta fiducia in te, poiché ho visto moltissime volte che ti comporti come matrigna nei riguardi dei tuoi figli migliori, e come madre amorevole nei confronti dei tuoi figli peggiori e, dal mio modesto punto di vista, francamente, non riesco a spiegarmene il perché.

Ed è per questo che non parteciperò alla festa del tuo anniversario, né quest'anno, né per tutti gli anni a venire e fin tanto che continuerò a riscontrare questo tuo modo di essere madre alla rovescia.

Gli esempi concreti che potrei indicarti sono migliaia di migliaia; ma te ne indico solo uno.

Fra tre anni, alla festa del tuo anniversario del 2 giugno, non ci sarà più il glorioso Corpo dei Carabinieri d'Italia, che è raffigurato nell'immagine che segue, poiché alcuni dei tuoi amati figliastri hanno deciso di sopprimerlo, sostituendolo con un nuovo e "più moderno" corpo di gendarmeria europea - secondo i dettami del Trattato di Velsen, che i tuoi amati figliastri hanno sottoscritto per te e per gli altri tuoi milioni di figli, senza giudizio, senza prudenza e senza riflessione - che, in base alla convenzione internazionale (trattato) non è tenuto a rendere conto a nessuno, né ai tuoi figli che fanno il nobile mestiere di giudice, né a quelli che dovrebbero fare l'onorevole mestiere di parlamentare, ma, secondo l'idea di chi ce lo ha imposto e di coloro che l'hanno vilmente accettato, renderà conto solo ai suoi scaltri ideatori e veri suoi padroni, nessuno dei quali è tra i tuoi figli.

Ti sembra che sia giusto tutto questo per i tuoi oltre 60.000.000 di figli laboriosi ed onesti?

Secondo me, non è per nulla giusto ed è per ciò che non verrò mai più alla tua festa.
 
Ti auguro, dunque, solo che il Signore ti conservi per sempre così come Lui ti ha voluta e come i tuoi figli migliori ti hanno ancor più arricchita, rendendoti bellissima, unica, straordinaria, buonissima e grande, e che ti protegga da tutti i mali che hai dentro ed attorno a te; ma, soprattutto,  ti auguro che, a partire da oggi e per sempre, tu possa essere amata davvero anche da quei tuoi figli che, fino ad oggi - e pure essi da moltissimo tempo in qua - hanno solo finto di amarti o, forse più semplicemente, non hanno mai sentito di amarti per come tu meritavi e meriti.

In caso contrario, che il Signore ti privi definitivamente di essi e del loro falso amore per te.

Io ti ho voluto sempre e veramente bene - come sai - e non smetterò mai di volertene; ma, fin tanto che continuerai a permettere che accadano certe cose, te ne vorrò in una maniera molto diversa e distaccata, anche per non essere frammisto ai tuoi amati figliastri o confuso con essi.

Sinceramente, sentitamente e con la filiale devozione che sai.

Uno dei tanti tuoi amorati figli.
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Avvocato penalista - Buongiorno Italia e buon 2 giugno.
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mercoledì 1 giugno 2011

Avvocato penalista - Il delitto di Atti persecutori (o stalking), di cui all'art. 612 bis del Codice Penale.

Avvocato penalista - Il delitto di Atti persecutori (o stalking), di cui all'art. 612 bis del Codice Penale.
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Avvocato penalista - Il delitto di Atti persecutori (o stalking), di cui all'art. 612 bis del Codice Penale.
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Cenni introduttivi.

Il decreto legge 23 febbraio 2009, n°. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonchè in tema di atti persecutori, convertito, con modificazioni e correzioni, nella Legge 23 aprile 2009, n°. 38, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n°. 95 del 24 aprile 2009, ha  introdotto nel nostro ordinamento, una "nuova"  fattispecie delittuosa, collocata nel corpo del Codice Penale vigente, all'art. 612 bis, per mezzo della quale il legislatore si è proposto di far cessare o, quanto meno, di  limitare significativamente le condotte di natura criminale e le correlative pericolose azioni di illegittima e, non da meno, di arbitraria intrusione od interferenza nella vita altrui,  soprattutto nei confronti delle donne.
 
Anche in questo caso, purtroppo, la scelta di intervento legislativo è stata fortemente indotta e determinata dalla esigenza di cercare di fronteggiare e arginare un fenomeno manifestatosi preponderantemente attraverso i fatti di cronaca, oltre che di uniformare la nostra legislazione interna a quella di  vari altri Paesi civili, europei ed extraeuropei.

Dunque, ancora una volta, una legge dell'emergenza e non adeguatamente o sufficientemente ideata, pensata,  studiata ed elaborata, con la e nella compiuta considerazione di tutti i possibili elementi di analisi e di tutti gli  effetti finali, che ogni progetto di intervento normativo deve esaminare, studiare e valutare bene sempre, se  vuole essere efficace e risolutivo, ma una normativa suggerita od imposta dall'incalzare di un nuovo fenomeno  delittuoso, a cui si è pensato di dare una soluzione frettolosa e subitanea, che placasse l'allarme sociale, senza considerare le inevitabili ricadute negative, in punto di efficacia e di qualità, che una legge siffatta avrebbe avuto.

Nessuno può dire quale efficacia incisiva avrà sul fenomeno che ha voluto regolare, reprimere e arginare, in quanto ciò si potrà verificare solo col tempo e con l'analisi del fenomeno dopo le prime applicazioni giudiziali.
 
Ma che, anche nella creazione di questa nuova figura di reato ci si sia mossi con la nota frettolosità che connota tutti i nostrani interventi legislativi cosiddetti dell'emergenza, lo si evince pure da vari altri elementi, tra cui spiccano i seguenti:

a)-- il testo della norma; b)-- il titolo di reato assegnatole; c)-- la collocazione nell'ambito del Codice.      

a)-- Come meglio si dirà nel prosieguo, per ora, qui si osserva che, dato il testo della norma, che recita così:  " Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.", è evidente come essa non copra compiutamente né il fenomeno, né i molteplici suoi effetti,  per come emersi, sia dai singoli casi verificatisi, sia dagli studi criminologici che hanno preceduto l'attività di  normazione; né, infine, da rilievo alla condotta delittuosa, definendola, ma solo ai danni patibili dalla vittima, incerti e difficili da provare. 

b)-- Intitolare con "Atti persecutori" un insieme svariatissimo di azioni delittuose protese o idonee a creare sulla vittima uno o più degli eventi tassativamente previsti dalla norma medesima si rivela poco adeguato e molto generico, attese le specificità, sia del fenomeno, che dei contegni predatori tipici del soggetto agente.
 
Se le parole della nostra lingua hanno ancora un senso  preciso, "perseguitare" qualcuno significa ben altra cosa rispetto al riservargli una serie di azioni di violenza privata, morale ed, a volte, purtroppo, anche fisica o fisio-psichica.

(Anzi, a tale ultimo proposito, attesa l'infinita casistica di "Atti persecutori" o di " Azioni persecutorie", che si registrano ogni giorno in svariati ambiti della società civile, non sarebbe male che si iniziasse a pensare ad una  certa qual considerazione seria di questi altrettanto gravi fenomeni, creando delle specifiche figure di reato).

Forse sarebbe stato preferibile un diverso titolo di reato, che rispecchiasse a pieno la tipicità delle condotte  criminali attraverso cui la specifica ipotesi delittuosa, che si intendeva regolare e punire, si può manifestare, in  modo da evidenziarne la sua più intima natura di azione a carattere spiccatamente predatorio ed inumano, ed, al tempo stesso, che si fossero precisate le condotte punibili, secondo gli elementari principi della tassatività   e determinatezza, che da sempre sono alla base della correttezza formulativa di ogni norma di natura penale,  piuttosto che lasciare  indeterminate queste ultime e nella vaghezza gli eventi in astratto patibili dalla vittima. 

c)-- Collocare la nuova figura di reato (che è un delitto di una certa rilevanza) all'art. 612 bis c.p. e, dunque, subito dopo l'art. 612 c.p., dedicato alla Minaccia (che è un delitto di non eguale o similare gravità), sebbene all'interno della medesima Sezione III, dedicata ai Delitti contro la libertà morale, a modesto parere di chi scrive, è stato un errore di ordine sistematico, poichè sarebbe stato più corretto collocarla subito dopo l'art. 610 c.p.  (dedicato alla Violenza privata), con cui la nuova norma ha tanto in comune, con un apposito art. 610 bis c.p., così da rappresentarne sia la sintonia sistematica, che la sua specificità di norma destinata alla previsione e punizione di una particolare forma di violenza, rispetto a quella ordinaria, prevista e punita dal precedente  e più generico o generale  art. 610 c.p.
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Avvocato penalista - Il delitto di Atti persecutori (o stalking), di cui all'art. 612 bis del Codice Penale.
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