http://www.avvocato-penalista-cirolla.blogspot.com/google4dd38cced8fb75ed.html Avvocato penalista ...: aprile 2006

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martedì 25 aprile 2006

Avvocato penalista - Errori giudiziari: il caso Domenico Morrone da Taranto.

Avvocato penalista - Errori giudiziari: il caso Domenico Morrone da Taranto.
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Avvocato penalista - Errori giudiziari: il caso Domenico Morrone da Taranto.
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Domenico Morrone, un uomo di Taranto di 42 anni, venne condannato a 21 anni di reclusione per il duplice omicidio di due studenti del luogo, avvenuto il 30 gennaio 1991, davanti alla scuola media “D’Aquino” nel quartiere Tamburi, alla periferia di Taranto.
 
Le due vittime,  Antonio Sebastio, di 15 anni, e Giovanni Battista, di 17,  furono sorprese da un sicario che sparò ripetutamente contro di loro con una pistola calibro 22.
 
In base agli indizi raccolti da Polizia e Carabinieri, coordinati dalla Procura presso il Tribunale di Taranto, Morrone, poche ore dopo i fatti, fu sottoposto a fermo per duplice omicidio, detenzione, porto illegale di arma da fuoco e di munizioni, nonché per spari in luogo pubblico.

Sia dopo il fermo, sia durante i processi a suo carico, l’imputato ha sempre negato ogni addebito.

In base alla ricostruzione accusatoria, movente del duplice omicidio sarebbe stata la vendetta per un litigio con Giovanni Battista, avvenuto per futili motivi una ventina di giorni prima del duplice omicidio.

A seguito del litigio, il Morrone era stato gambizzato e, poco tempo più tardi, secondo una testimonianza, avrebbe minacciato di morte i due ragazzi, ritenendoli legati alla criminalità e responsabili del suo ferimento.
 
Secondo i primi giudici Morrone avrebbe ucciso per vendetta. Dopo un litigio con i ragazzi, l'allora ventisettenne fu ferito alle gambe. E per vendicarsi del litigio e del ferimento li avrebbe ammazzati.

Ma ad uccidere i due ragazzi era stata un'altra persona.
 
Dopo aver scontato 16 anni per la condanna definitiva a 21 anni di reclusione, è stato assolto dalla Corte di Appello di Lecce, che lo ha prosciolto dall'accusa, al termine del processo di revisione.

"Prima di entrare in udienza mi facevo il segno della croce e mi ripetevo: "Questa volta capiranno che sono innocente". L'ho fatto per 16 anni. Ma ogni volta, anche se le prove erano a mio favore, i giudici del Tribunale di Taranto le ignoravano. Non si schiodavano dalla loro teoria a senso unico: ero io l'assassino, il colpevole. Alla fine continuavo a farmi il segno della croce, ma non credevo più di riuscire a dimostrare la mia innocenza", ha riferito Domenico Morrone in una sua intervista.
 
Oggi Domenico Morrone ha 42 anni. Un terzo della sua vita l'ha spesa dietro le sbarre, ingiustamente.
 
Non era vero che fosse stato lui l'assassino dei due ragazzi. E la verità è venuta fuori, grazie alle confessioni di due pentiti che hanno aperto le porte alla revisione del processo, in conclusione del quale la Corte d'Appello di Lecce l'ha assolto con formula piena, ossia "Per non aver commesso il fatto".
 
Ovviamente ed a seguito di ciò, si sono aperte anche le porte per l'azione civile di risarcimento del danno contro lo Stato per errore giudiziario.
 
"Venerdì, per l'ultima volta, sono stato contento di dormire in carcere con i miei amici, detenuti e poliziotti, uomini che hanno capito la mia storia e mi hanno aiutato ad avere coraggio. Volevo festeggiare con loro.
 
Avremmo voluto brindare a champagne, ma non è possibile portare alcolici in cella, così abbiamo brindato con il pensiero e con gli sguardi", ha soggiunto Domenico Morrone nella sua intervista.
    
"Da ragazzo non ho mai preso nemmeno una multa. Il mio sogno era aprire una pescheria".
 
"La verità era sotto gli occhi di tutti - ripete - ma nessuno la voleva vedere. Oggi sono libero e sono felice. Però non è una felicità piena. Continuo a chiedermi perché nessuno mi ha mai creduto? Era tanto difficile ammettere di aver sbagliato? Mi hanno umiliato. Perché?", conclude Morrone nella sua intervista.
 
Per due volte la Cassazione ha rinviato il processo alla Corte di Assise d'Appello, perché Morrone aveva un alibi credibile, ma i giudici pugliesi hanno sempre confermato la sua condanna.

E' riuscito ad ottenere la revisione del processo grazie alle rivelazioni di due pentiti della locale criminalità organizzata, i quali hanno rivelato che ad uccidere i ragazzi era stato un uomo del loro clan, tale Antonio Boccuni, per vendicare lo scippo che la madre aveva subito la mattina del delitto, il quale è già in carcere, poiché condannato all'ergastolo per altri delitti.
 
Oggi Domenico Morrone fa l'operatore ecologico, in quanto tre anni prima della sua assoluzione definitiva ha ottenuto la semilibertà e da allora si prende cura della madre ammalata.
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Avvocato penalista - Errori giudiziari: il caso Domenico Morrone da Taranto.
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lunedì 24 aprile 2006

Avvocato penalista - Errori giudiziari: il caso dell'omicidio del tenente colonnello dei Carabinieri, Giuseppe Russo, e del suo intimo amico, Prof. Filippo Costa.

Avvocato penalista - Errori giudiziari: il caso dell'omicidio del tenente colonnello dei Carabinieri, Giuseppe Russo, e del suo intimo amico, Prof. Filippo Costa.  
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Avvocato penalista - Errori giudiziari: il caso dell'omicidio del tenente colonnello dei Carabinieri, Giuseppe Russo, e del suo intimo amico, Prof. Filippo Costa. 
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""" In Sicilia - è stato scritto da qualcuno - oltre a quello dei Santi, c’è anche un altro calendario. Quello che ricorda le vite spezzate dei tanti Eroi che hanno deciso di sacrificare la propria vita per sconfiggere Cosa Nostra. È un calendario triste, che mette rabbia ma che dà anche tanto orgoglio, perché i nostri Martiri condividono coi Santi una qualità: essere esempio. """
 
La sera del 20 agosto 1977, il tenente colonnello dei Carabinieri, Giuseppe Russo, che al tempo aveva 47 anni, aveva deciso di farsi una passeggiata insieme all’insegnante e suo intimo amico Filippo Costa, che di anni ne aveva 57.

Improvvisamente, vennero avvicinati da tre killer che li ammazzarono senza possibilità di scampo.

Tra i killer c’era anche tale Leoluca Bagarella, il cognato di Totò Riina - in quanto fratello della moglie di quest'ultimo - noto autore di alcuni degli omicidi di mafia più efferati, tra cui la morte del piccolo Giuseppe Di Matteo, l’assassinio di Boris Giuliano, la strage di Capaci, ecc.
 
Il tenente colonnello dei Carabinieri Giuseppe Russo, che, al momento del fatto, era in congedo da alcuni mesi, venne ucciso perché "scomodo", in quanto, essendo stato comandante del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Palermo, conosceva approfonditamente la mafia ed i suoi capi e perché le sue inchieste avevano portato nella patrie galere molti boss e loro gregari.
 
Del duplice ed efferato omicidio, fino al 1994, furono incolpati tre poveri pastori siciliani, i quali sono rimasti in carcere, ingiustamente, per ben 16 anni.

Successivamente, le dichiarazioni di alcuni pentiti, tra cui e soprattutto quella di Gaspare Mutolo,  svelarono la verità "vera".

Gaspare Mutolo, infatti, in una delle sue tante dichiarazioni da pentito, disse anche dei veri mandanti ed esecutori del duplice omicidio del tenente colonnello dei Carabinieri, Giuseppe Russo, e del suo intimo amico, Prof. Filippo Costa, affermando quanto qui segue:

"Per l’omicidio Russo e Costa ci sono persone che stanno pagando con la condanna all’ergastolo, ma che sono completamente innocenti e fanno pena soltanto a guardarle".

Sembrava una serata d’estate come tante altre, quella del 20 agosto 1977 a Ficuzza, a due passi da Corleone.
 
Erano circa le 21.30, quando il colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo decise di uscire per fare due passi, dopo aver cenato con la moglie nella piccola casetta al primo piano che dava sulla piazza.
 
Insieme all’amico professore Filippo Costa cominciarono a passeggiare diretti verso il bar.
 
Russo era in maglietta e pantaloncini.
 
Al bar entrò soltanto lui, per fare una telefonata – scrisse Mario Francese sul Giornale di Sicilia del 21 agosto 1997, ricostruendone gli ultimi minuti di vita – Costa invece attese fuori.

Un minuto dopo i due amici riprendevano la loro passeggiata.
 
Nello stesso momento vi fu chi si accorse di una "Fiat 128", di colore verde, che procedeva lentamente per il viale principale, evidentemente controllando i movimenti di Russo e Costa.

L’auto continuò la sua marcia fino alla parte alta della piazza, effettuò una inversione ad ’U’ e si fermò proprio davanti all’abitazione del tenente colonnello Russo.

I due amici erano vicini alla macchina degli assassini, ma non se ne resero conto, perché non potevano rendersene conto.
 
La sera del vile agguato, a Ficuzza, il gruppo di fuoco era composto da Pino Greco, detto "Scarpuzzedda", da Vincenzo Puccio ed era capeggiato personalmente da Leoluca Bagarella, su mandato del cognato, Totò Riina, e dell’altro boss corleonese Bernardo Provenzano.

Per il duplice omicidio di Ficuzza, in un primo momento, furono "erroneamente" condannati tre pastori del luogo, Salvatore Bonello, Rosario Mulè e Casimiro Russo, che si era autoaccusato e aveva chiamato in correità gli altri due.
 
I due amici, Russo e Costa, ad un certo punto si fermarono e Russo tirò fuori una sigaretta ed una scatola di fiammiferi Minerva, ma non ebbe il tempo di accendere e fumarsi la sua ultima sigaretta.

Alle 22,15, dalla Fiat 128 scesero tre o quattro uomini, a viso scoperto, i quali, lentamente, per non destare sospetti, si incamminarono verso i due.

Appena furono vicini ai due amici, aprirono il fuoco con le loro pistole calibro 38 e spararono tutti in direzione del tenente colonnello Russo, tranne uno, armato di fucile, che aveva avuto il compito di uccidere anche il Professor Costa.
 
Gli assassini erano sicuramente molto tesi nel momento i cui compivano il loro crimine.

Poiché uno di loro, lanciandosi contro il tenente colonnello Russo, per finirlo, gli cadde addosso.

Si rialzò immediatamente e, come in preda ad un raptus, imbracciò il fucile e sparò alla testa, prima al tenente colonnello Russo, e poi al Professor Costa, col metodo classico del colpo di grazia.

L'assassino voleva essere certo che l’esecuzione fosse completata, come dagli ordini ricevuti.

Nell'allontanarsi dal luogo del duplice misfatto, uno degli assassini perse i propri occhiali, che furono ritrovati sotto il corpo senza vita del tenente colonnello Giuseppe Russo.
 
Dopo i primi riscontri, ci si convinse quasi da subito che si trattava di un duplice delitto di mafia, che era stato preparato fin nei più minimi dettagli da almeno da 26 giorni.

La Fiat 128, usata per l'agguato e trovata abbandonata a tre chilometri da Ficuzza, infatti, era stata rubata a Palermo il 25 luglio, ossia 26 giorni prima dell'esecuzione del delitto.

Il 29 ottobre 1997, cioè vent’anni dopo, la II sezione della Corte di Assise di Appello di Palermo ha condannato definitivamente all’ergastolo Leonluca Bagarella, Totò Riina e Bernardo Provenzano per il duplice omicidio commesso a Ficuzza la sera del 20 agosto 1976.
 
Ma perché i killer della mafia hanno deciso di uccidere anche il Prof. Costa?

Forse perché temevano che Russo gli avesse parlato del grande affare della "diga di Garcia".

Ed anche se il tenente colonnello  Russo non avesse mai rivelato nulla al suo amico, Prof. Costa, chi avrebbe mai potuto convincere i loro assassini del contrario... ?
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Avvocato penalista - Errori giudiziari: il caso dell'omicidio del tenente colonnello dei Carabinieri, Giuseppe Russo, e del suo intimo amico, Prof. Filippo Costa. 
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